la verità bisogna dirla solo a chi è disposto ad intenderla.
impossibile che tanti tentativi, prima o poi non abbiano successo.» Non penso, caro Lucilio, che il saggio debba agire così. Egli ci perde di autorità e non avrà più abbastanza prestigio presso coloro che avrebbe potuto correggere se non si fosse avvilito. L’arciere non deve colpire nel segno solo qualche volta; solo qualche volta egli può sbagliare il colpo. Non è un’arte quella che ottiene risultati solo casuali.
La morte è il termine certo a cui siamo diretti e temerla è da insensato, poiché si aspetta ciò che è certo e solo l’incerto può essere oggetto di timore.
È ormai tempo che uno poggi su se stesso, che esprima questi pensieri con parole sue e non a memoria.
eterni interpreti nascosti all’ombra del pensiero altrui, non hanno, a mio avviso, nessuna generosità d’animo, poiché non hanno mai avuto il coraggio di realizzare una buona volta ciò che hanno appreso in tanto tempo. Hanno esercitato la memoria sul pensiero altrui, ma altro è ricordare, altro è sapere. Ricordare è custodire ciò che è stato affidato alla memoria, mentre sapere significa far proprie le nozioni apprese e non star sempre attaccato al modello, con lo sguardo sempre rivolto al maestro.
Coloro che prima di noi hanno suscitato codesti problemi non sono i nostri padroni, ma le nostre guide. La verità è accessibile a tutti, non è dominio riservato di nessuno, e il campo che essa lascia ai posteri è ancora vasto.
L’amicizia giova sempre, l’amore talvolta può anche nuocere. Perciò, cerca di perfezionarti, se non altro per apprendere la vera amicizia.
non c’è, infatti, bisogno di molte parole, purché esse siano efficaci.
Lo stesso può dirsi di un ragionamento: non è gran cosa a prima vista, ma si espande nei suoi effetti. Non sono molte le verità che vengono dette, ma se le riceve un animo ben disposto, esse si rafforzano e il germe si sviluppa. Sì, i precetti agiscono come dei semi: hanno capacità di grandi effetti, eppure sono piccola cosa. Ma occorre, come ho detto, che li tragga a sé e li assimili uno spirito ben preparato. A sua volta, anch’esso produrrà molti frutti e renderà più di quello che ha ricevuto.
Il necessario ha come sua misura l’utile che reca; ma con quale criterio si può misurare il superfluo? Perciò gli uomini si immergono nelle passioni e, una volta che ne hanno fatto un’abitudine, non possono più farne a meno; e sono veramente infelici, poiché giungono a sentire come necessarie le cose prima superflue. Non godono dei piaceri, ma ne rimangono schiavi e, quella che è la peggiore disgrazia, amano anche il proprio male.
Condanno ugualmente sia chi fa cadere le parole a goccia a goccia, sia chi parla di corsa. L’oratore non deve né costringere l’uditorio a tendere le orecchie, né stordirlo.
Potrai lodare in lui ciò che non potrà né essergli tolto né essergli dato, ciò che è proprio dell’uomo.
È l’anima, e nell’anima, una ragione perfetta. L’uomo è un animale fornito di ragione:
La nostra stupidità appare da questo fatto: crediamo di spendere solo per quegli oggetti che paghiamo col denaro, mentre consideriamo gratuiti quelli che paghiamo a spese della nostra stessa persona. solo quando potrai vivere sotto gli occhi di tutti giùdicati felice;
Una buona coscienza si offre allo sguardo della folla; una cattiva coscienza, anche nella solitudine, è ansiosa e tormentata. Se quello che fai è onesto, lo sappiano pure tutti; se disonesto, che importa che nessuno lo sappia, quando lo sai tu?
La saggezza è aperta a tutti; tutti abbiamo la nobiltà sufficiente per aspirarvi. La filosofia non respinge né sceglie nessuno: essa risplende per tutti.
Platone afferma che non c’è nessun re che non tragga le sue origini da schiavi, e nessuno schiavo che non derivi da re.
Bisogna guardare non donde le cose traggano origine, ma a qual fine riescano.
gli uomini scambiano i mezzi per il fine, e, mentre cercano la felicità, in realtà la fuggono.
Non importa la quantità dei libri, ma la loro qualità: un preciso programma di letture reca giovamento, ma la varietà dei libri reca solo diletto.
qualunque sia il valore dei miei libri, leggili con la persuasione che in essi io cerco ancora la verità; non l’ho trovata, ma la cerco ostinatamente.
Considera gli uomini singolarmente e nel loro insieme: tutti vivono con lo sguardo rivolto al domani. Mi chiedi che male c’è in questo? Un male immenso. Essi non vivono, ma sono sempre in attesa di vivere: rimandano tutto al futuro. Anche se noi volessimo prevedere tutto, la vita ci sorpasserebbe sempre. Infatti, mentre noi indugiamo nei nostri pensieri, essa continua a passare come cosa che non ci appartiene; essa termina l’ultimo giorno, ma si consuma giorno per giorno.
comportati col tuo inferiore come vorresti che il tuo superiore si comportasse con te.
Alcuni siano ammessi alla tua mensa poiché ne son degni, altri affinché diventino tali.
Spesso un buon materiale resta senza valore, se manca chi lo lavori.
Nessuna schiavitù è più vergognosa di quella volontaria
La virtù ha, fra l’altro, questo vantaggio: piace a se stessa e si conserva sempre tale. Il vizio, invece, è capriccioso: muta spesso, e non in cerca del meglio, ma del nuovo.
Il tempo fugge con la massima velocità; e ciò appare più manifesto se ci volgiamo a guardare indietro. Mentre siamo intenti alle cose presenti, non ce ne accorgiamo, tanto lieve passa nella sua corsa precipitosa. Mi chiedi la causa di questo fenomeno? Tutto il tempo passato si trova, per così dire, nello stesso luogo; è come raccolto insieme e tutto visibile alla memoria;
Non dico che tu non debba dare uno sguardo a codeste sciocchezze; gettiamogli una semplice occhiata e un saluto dalla soglia, ma non lasciamoci ingannare, attribuendo alle loro vane parole qualche segreta virtù.
il bene della vita non consiste nella sua durata, ma nell’uso che se ne fa, e può avvenire, anzi molto spesso avviene, che proprio chi è vissuto a lungo sia vissuto poco.
Sbagli, se pensi che solo quando si viaggia per mare si faccia minima la distanza che ci separa dalla morte. In qualunque luogo ci troviamo, tale distanza è minima. In ogni luogo la morte è così vicina, anche se non in tutti i luoghi si mostra così vicina.
«La verità ha un linguaggio semplice»,
la ragione per cui difficilmente possiamo guarire è che non sappiamo di essere malati.
invece difficile il suo iniziale apprendimento, poiché un’anima debole e inferma teme naturalmente tutto ciò di cui non ha esperienza e bisogna costringerla a fare i primi passi. In seguito la medicina non sarà amara, anzi piacerà sempre più, finché procurerà la guarigione.
ma come un vestito è più conveniente di un altro per un uomo saggio e retto, ed egli può ritenere che un colore sia meno adatto di un altro a chi fa professione di temperanza, senza per questo odiarlo, così vi sono anche luoghi da cui il saggio, o chi aspira alla saggezza, si terrà lontano, perché sono contrari ai buoni costumi.
. Dobbiamo scegliere un luogo salutare non solo per il corpo, ma anche per la moralità. Perciò
Un solo inverno passato nell’ozio fiaccò le energie di Annibale.
Né c’è da disprezzare chi può salvarsi solo con l’aiuto altrui: la volontà di salvarsi è già una gran cosa.
L’aiuto ci può venire non solo dai viventi, ma anche da quelli che non sono più.
Chiedi aiuto a colui che ammiri per averlo visto all’opera più che per averlo ascoltato.
È davvero pazzo l’oratore che lascia la sala soddisfatto per gli applausi di un uditorio ignorante. Come puoi rallegrarti di sentirti lodato da persone che tu non sapresti lodare
di qualunque persona puoi conoscere l’animo se osserverai come si comporta nel lodare e nell’accogliere la lode.
l’eloquenza è nociva se piace per se stessa, senza suscitare il desiderio delle cose dette.
è proprio di un grande artista saper racchiudere tutto in un piccolo spazio. Il saggio, nella sua breve esistenza, si trova a suo agio come un dio nella sua eternità. Anzi, c’è un punto in cui egli è superiore a un dio: questo deve alla sua natura se è esente da timori, mentre è per merito proprio se il saggio non teme.
Chi non vive per nessuno, non vive neppure per sé.
Ma un luogo, di per sé, non contribuisce molto alla tranquillità: è l’animo che ha il potere di rendere tutte le cose gradite.
Dell’amico dobbiamo possedere l’animo: questo non è mai lontano, e vede chi vuole e ogni giorno.
cupidigia, l’ambizione e tutte le altre malattie dell’anima umana sono veramente dannose quando si celano sotto un’apparente sanità.
la tua vita sarà in ordine solo quando nessun clamore ti turberà, nessuna voce ti distoglierà dai tuoi propositi né con lusinghe né con minacce né con l’inutile fracasso delle sue menzogne.
Ma il genere «ciò che è» è generale e non ha niente sopra di sé: è il principio di tutte le cose, e tutto gli è subordinato.
ingegneria del SW 0.0.1
«L’idea è l’esemplare eterno di tutte le cose che nascono in natura.»
L’idea è il modello; l’idos è la forma tratta dal modello e fissata nell’opera. L’artista imita la prima, e crea la seconda.
E perciò mi meraviglio della nostra stoltezza, che ci fa amare una cosa così fugace, il corpo, e ci fa temere che un giorno morremo, mentre ogni momento è la morte della precedente condizione di vita.
come lo scultore solleva e distrae gli occhi a lungo affaticati e intenti nel lavoro, e, come suol dirsi, li ristora, così noi dobbiamo di tanto in tanto rilassare lo spirito e ricrearlo con qualche diletto. Anche le distrazioni siano, però, operose; anche da esse, se starai bene attento, potrai trarre una salutare lezione.
anche noi, con la nostra previdente saggezza, possiamo, fino a un certo punto, prolungare la vita a questo misero corpo, se saremo capaci di dominare e frenare quei piaceri che sono causa di morte per la maggior parte degli uomini.
Ma se saprò di dover soffrire senza termine, me ne verrò fuori dalla vita non per le sofferenze in se stesse, ma perché vedrò in esse un ostacolo a tutto ciò che costituisce la ragione di vivere. È debole e vile chi si dà la morte per timore di soffrire; è stolto chi vive per soffrire.
Essi si esprimevano con semplicità, con l’unica ambizione di farsi comprendere. Perciò sono pieni di similitudini. Ed io penso che noi abbiamo bisogno di queste immagini non per gli stessi motivi dei poeti, ma come sostegno dell’umana debolezza, per mettere sia l’oratore che l’uditore a contatto con la realtà.
Nessuno di noi tenta di studiare le cose a fondo; riusciamo solo a cogliere le esteriorità e, distratti in tante occupazioni, consideriamo più che sufficiente l’aver dedicato alla filosofia qualche momento. L’impedimento principale è che ci sentiamo troppo presto contenti di noi.
Tutti, chi più chi meno, ci lasciamo infatuare dall’adulazione. Diciamo dunque: «Voi vantate la mia saggezza, ma io mi accorgo di bramare tante cose inutili e dannose. E non mi rendo neppure conto di ciò che la sazietà mostra agli animali: quale debba essere la giusta misura nel mangiare e nel bere. Ignoro ancora la capacità del mio ventre».
Pensa, dunque, che l’effetto della saggezza è una gioia costante. La condizione del sapiente è come quella del mondo lunare: là c’è sempre il sereno. Hai ben ragione di voler diventare sapiente dal momento che egli non è mai senza gioia. Questa gioia non nasce se non dalla coscienza delle proprie virtù: non può gioire se non chi è forte, giusto, temperante.
Vivere significa essere di giovamento agli altri, traendo profitto da se stessi.
chi accetta di buon grado un ordine, sfugge all’aspetto più crudele della servitù: fare ciò che non si vorrebbe. L’infelicità non consiste nel fare una cosa per ordine altrui, ma nel farla contro la propria volontà. Perciò disponiamoci a volere tutto quello che le circostanze esigeranno; e soprattutto abituiamoci a pensare senza tristezza alla nostra fine.
non piangiamo per il dolore, ma ne facciamo mostra.
Quando tu cesserai di rimanere chiuso in te stesso, codesta ombra di tristezza si dileguerà.
Cessa di interpretare male i doni della fortuna: essa ha tolto, ma aveva dato.
Questo corpo è tutto ciò che in me può ricevere danno. In questa dimora esposta ai pericoli abita un animo libero.
La possibilità di crescere è segno di imperfezione.
Ogni azione onesta è volontaria. Se vi mescoli la pigrizia, le recriminazioni, i ripensamenti, la paura, essa perde ciò che aveva di meglio: l’intima soddisfazione.
Non può essere onesto ciò che non è libero: il timore è segno di schiavitù. Chi è onesto è sicuro e tranquillo.
Come potrebbe accrescersi ciò che è completo? Il
l’uomo che ha cura del corpo e dell’anima e che per loro mezzo si fabbrica la sua felicità, raggiunge il culmine dei suoi desideri e si trova in uno stato perfetto, in quanto il suo animo non è più agitato e il suo corpo è senza dolore. Se gli arrivano in più altri diletti, non accrescono il sommo bene, ma, per così dire, ne costituiscono il piacevole contorno. La somma felicità della natura umana consiste nella pace del corpo e dell’anima.
analizza bene le parole: così niente potrà trarti in errore.
Quando uno sopporta con coraggio i tormenti, mette in atto tutte le virtù. Forse una virtù si mette in vista e risalta più delle altre: la pazienza. Ma c’è anche il coraggio, di cui la pazienza, la sofferenza e la tolleranza sono ramificazioni. C’è la prudenza, senza la quale non può prendersi nessuna decisione; è lei che invita a sopportare coraggiosamente ciò che non si può evitare. C’è la costanza, che sta ferma sulle sue posizioni e che, per nessuna forza avversa, abbandona i suoi propositi.
Esamina soprattutto quelle parti di te che senti più deboli.
Noi tutti siamo in errore, poiché prendiamo sempre le nostre decisioni sui particolari della vita, mai su tutta la vita.
dimenticando quante persone considerano un tormento astenersi dal vino o alzarsi all’alba. Codeste prove non sono difficili per natura; siamo noi a giudicarle tali per la nostra debolezza. Bisogna giudicare le cose grandi con un animo grande; altrimenti ci sembrerà di vedere in esse quel difetto che è in noi.
Non importa tanto quello che vediamo; importa soprattutto il modo in cui vediamo.
Il nostro animo offuscato non vede chiaramente la verità.
La fatica che ci resta da compiere è maggiore di quella compiuta, ma gran parte del progresso sta nella volontà di progredire. Di questo sono ben conscio: voglio, voglio con tutta l’anima.
Non dobbiamo dedicarci alla filosofia quando non sappiamo che fare, ma dobbiamo trovare il tempo libero per dedicarci alla filosofia.
Aggiungi che nella vita pubblica nessuno guarda a quanti stanno peggio, ma solo a quelli che stanno meglio; e non si compiace tanto di sapere che molti gli stanno dietro, quanto si cruccia che qualcuno lo preceda. Ogni forma di ambizione ha questo difetto: non guarda dietro di sé. Del resto, quest’irrequietezza non è propria solo dell’ambizione, ma anche delle altre passioni, per le quali il punto di arrivo è anche il punto di partenza.
Del resto, i grandi e veri beni non si dividono in modo che tocchi a ciascuno una piccola parte: essi giungono interi a ciascuno.
La felicità non può coesistere con la paura: si vive male fra continui sospetti. Chiunque si attacca troppo ai beni della fortuna si crea motivi inestricabili di turbamento.
Chiunque vuol essere felice non deve riconoscere che un sol bene: l’onestà.
perché la virtù non ha bisogno di nulla? Essa gode dei beni che ha, senza desiderare ciò che le manca: per essa è grande ciò che le basta.
Ma è cosa veramente sciocca stare in ansia per il futuro e, prima che giungano i patimenti, farli venire e attirarli a sé; mentre la cosa migliore sarebbe differirli, se non è possibile evitarli. Vuoi tu la prova che non bisogna angosciarsi per quello che deve ancora venire? Se uno sente dire che fra cinquant’anni avrà una disgrazia, non si turba, a meno che, saltando il periodo intermedio, non si abbandoni coll’immaginazione a quella pena che dovrà patire fra tanti anni. E, alla stessa maniera, ci sono anime deboli che amano rivangare le loro antiche pene e si rattristano al ricordo di avvenimenti da lungo tempo trascorsi. Sia le cose passate, sia quelle che dovranno avvenire sono lontane da noi: non le sentiamo. Non può produrre dolore se non ciò che tocca la nostra sensibilità.
finché viviamo, dobbiamo imparare l’arte di vivere.
La virtù, invece, non puoi incontrarla accidentalmente. Né si arriva a conoscerla con lieve fatica; ma vale la pena di affaticarsi per acquistare in una volta tutti i beni che si riassumono in uno solo: l’onestà.
la ragione è il bene particolare dell’uomo, se egli ha portato questa a perfezione, è lodevole e ha toccato la meta assegnatagli dalla natura. Questa perfetta ragione è chiamata virtù e si identifica con l’onestà. Questa nell’uomo è l’unico bene, perché è propria dell’uomo (infatti non cerchiamo che cos’è il bene, ma che cos’è il bene dell’uomo).
Il saggio sa che tutto gli può capitare. Qualunque cosa gli accada, dirà: «Me l’aspettavo».
«Non è niente; è cosa di poco conto; resistiamo; passerà presto», renderai il dolore realmente lieve, finché lo stimi tale.
Ognuno è infelice nella misura in cui si crede tale. Per quanto riguarda i mali già passati, asteniamoci da questi lamenti: «A nessuno poteva capitare di peggio.
Anche se tutto ciò fosse vero, ormai è passato. Che gusto hai a rivangare i dolori passati e a voler essere infelice perché lo sei stato?
ciò che fu doloroso sopportare è piacevole dopo che lo si è sopportato: è naturale che uno goda della fine delle sue sofferenze. Dunque, dobbiamo astenerci sia dal timore del male futuro, sia dal ricordo di quello passato: il primo non mi riguarda ancora; il secondo non m’interessa più. Anche nel momento stesso in cui ci troviamo in mezzo ai guai diciamo: «Forse un giorno mi farà piacere ricordare queste cose».1 Il saggio lotti con tutte le forze: se si avvilisce, sarà vinto; ma se sa resistere al proprio dolore, vincerà.
Così tutti coloro che sono arrivati alla saggezza saranno uguali fra loro.
Non significa infatti essere buoni se si vale di più dei peggiori. Chi potrebbe gloriarsi della sua vista sol perché intravede appena la luce del giorno? Colui che vede confusamente il sole attraverso la nebbia, anche se sarà contento di essere sfuggito alla completa oscurità, ancora non gode del beneficio della luce.
È questo, o carissimo Lucilio, il nostro dovere: tendere col massimo slancio alla meta, anche se sarà raggiunta da pochi o da nessuno. La gloria è l’ombra della virtù e l’accompagnerà sempre, anche se questa non vuole. Ma come l’ombra ora precede, ora segue i corpi, così la gloria talvolta si mostra visibile davanti a noi, talaltra ci viene dietro; ed è tanto più grande quanto più tardi arriva, una volta scomparsa l’invidia
Chi pensa agli uomini della sua generazione non vivrà per i posteri.
rimaniamo sempre gli stessi, sia che sappiamo di essere guardati, sia che siamo presi alla sprovvista.
Tutto ciò che può renderti virtuoso lo hai già con te. Che ti occorre per acquistare la virtù? La volontà.
Se vuoi dare un giudizio esatto sulle tue qualità, lascia il denaro, il palazzo, la tua posizione sociale e ossèrvati bene nel tuo intimo
La vita rimarrebbe paralizzata nell’inerzia, se si dovesse abbandonare ogni impresa al primo intoppo.
solo il sapiente sa veramente donare, poiché gode più egli nel dare che l’altro nel ricevere il beneficio.
Chiunque fa del bene al prossimo lo fa anche a se stesso. Ma io non mi baso sul motivo che il beneficato vorrà beneficare a sua volta, e chi è stato protetto vorrà difendere il suo protettore, e che, quindi, la buona azione ritorna su chi l’ha fatta (così come i cattivi esempi ricadono sui loro autori, né alcuna compassione si ha di coloro che soffrono quelle offese che con il loro operare hanno insegnato a fare). Io affermo che tutte le virtù hanno in se stesse la loro ricompensa. L’esercizio della virtù non mira a un premio: la mercede di una buona azione consiste nell’averla compiuta. Manifesterò la mia riconoscenza non affinché un altro, stimolato dal mio esempio, sia con me ancora più generoso, ma per fare un’azione bellissima, che mi riempie di gioia: sarò grato non per il mio tornaconto, ma per il mio piacere.
Egli trascura le offese e le dimentica non per negligenza, ma di proposito.
Si è giunti a tale follia, che è estremamente pericoloso fare grandi benefici ad uno: costui, infatti, giudicando cosa vergognosa non ricambiarli, vorrebbe far scomparire il benefattore. Tieni pure quello che hai ricevuto: non te lo richiedo, né esigo nulla.
deve confessare, troppo tardi, il suo errore.
non la povertà viene lodata, ma chi dalla povertà non è né soggiogato né piegato. È degno di lode non l’esilio ma quel grande2 che accettò l’esilio con volto più sereno che se fosse stato lui a pronunciare la condanna, e non a subirla. È degno di lode non il dolore, ma chi non si lasciò vincere dal dolore. Non si loda la morte, ma colui a cui la morte prima tolse l’anima che il coraggio.
metallo, in sé, non è né caldo né freddo: gettato in una fornace, si riscalda; nell’acqua si raffredda.
si teme il nulla non meno dei luoghi sotterranei.
nessuna azione compiuta di malavoglia è gloriosa; non c’è virtù, se c’è costrizione. Non c’è azione onesta, se ad essa non prende parte viva tutto l’animo; se esso, in qualche modo, recalcitra.
Occorre più semplicità per sostenere la verità, più coraggio per combattere i timori.
dovremmo vivere come se fossimo sempre in presenza di qualcuno, e pensare come se qualcuno potesse leggere nel nostro animo.
Prima rivolgerò l’attenzione su me stesso e, ciò che è utilissimo, farò un esame della mia giornata. Quello che ci rende veramente cattivi è che nessuno esamina la propria vita. Noi pensiamo, anche se di rado, a quello che vogliamo fare; eppure è dal passato che ci viene l’ammaestramento per il futuro.
Dopo questo esercizio, per me abbastanza faticoso, mi sono immerso nell’acqua fredda: ora chiamo così l’acqua tiepida.
ma non mi distraggono, né interrompono le mie meditazioni. Sopporto benissimo i rumori:
La stessa ubriachezza passeggera è sempre una pazzia, anche se dura meno.
lettura alimenta l’ingegno e lo ristora, quando è affaticato dallo studio, con un’occupazione meno gravosa. Ma non dobbiamo limitare la nostra attività né esclusivamente allo scrivere né alla sola lettura.
anche noi dobbiamo imitare le api: cominciando col distinguere – perché così meglio si conserva – quanto abbiamo raccolto dalle diverse letture; poi, col diligente lavoro dell’ingegno, dobbiamo fondere in un pensiero coerente il frutto delle diverse letture, in modo che, quand’anche non si possano nascondere le fonti a cui abbiamo attinto, tuttavia appaia che i nostri scritti hanno un’impronta personale. Questo stesso procedimento si compie naturalmente nel nostro corpo, come possiamo costatare noi stessi: il cibo che prendiamo, finché rimane qual è, senza essere intaccato dai succhi gastrici, ci è di peso; ma in seguito alla digestione si trasforma in sangue e in energia fisica. Facciamo lo stesso con quel cibo che alimenta il nostro spirito: quando l’abbiamo ingerito, non lasciamolo qual è, affinché non ci resti estraneo. Dobbiamo digerirlo: altrimenti non si trasformerà in energie intellettuali, ma in un peso per la memoria. Prendiamo questo cibo come si conviene, e assimiliamolo in modo che, da elementi disparati, si formi una cosa sola, proprio come numeri molto diversi fra loro si confondono in un’unica somma.
Così vorrei che fosse il nostro animo: pieno di molte cognizioni, di molti precetti, di esempi tratti dalle varie epoche passate, ma tutti tendenti a formare un insieme unitario.
lascia ormai questi beni fallaci che tutti rincorrono; lascia tutti questi piaceri che ti snervano e ti fiaccano; cessa di perseguire le mete vane, gonfie di vento, irraggiungibili dell’ambizioso; egli è sempre tormentato dal pensiero che qualcuno lo sopravanzi o gli stia alla pari. Egli è infelice perché soffre di duplice invidia: è invidiato e invidia nel tempo stesso.
Come potrei avere tanto vigore per farla finita con ciò che non sono stato capace d’impedire, quando si sa che è più facile non fare entrare un nemico che tenerlo a freno una volta che è dentro?
Che cos’è veramente grande in una vita felice? La sua pienezza. Si mangia e si beve – io credo – per essere sazi: questi mangia di più; quello mangia di meno; che importa? Sono sazi entrambi. Ugualmente non importa se uno beve più di un altro, quando entrambi riescono a dissetarsi. Uno ebbe una vita più lunga, un altro più breve: che importa, se la breve esistenza del secondo gli ha dato tanta felicità quanta molti anni ne hanno data al primo? Quello che tu chiami meno felice non è affatto felice: questa parola non ammette diminuzioni. «Chi è coraggioso non teme; chi non teme non è triste; chi non è triste è
pilota non t’ha promesso l’esito felice, ma la sua opera utile e la conoscenza delle regole della navigazione; cose che appariranno meglio, quanto più egli sarà ostacolato da circostanze avverse.
Anche a te darà ricetto quell’albero che – dice Virgilio – «cresce lentamente e darà ombra ai lontani nipoti».
In ogni caso, questo viaggio mi ha fatto comprendere quante cose superflue ci sono nella nostra vita e quanto sarebbe facile rinunciarvi per libera scelta; infatti, non ne sentiamo la mancanza, quando la necessità ce le toglie.
Ogni giorno per me è l’inizio di un nuovo anno, ed io cerco di propiziarmelo con buoni pensieri che liberano l’animo dalle meschinità. Mai l’animo è più grande che nel momento in cui, lontano dal mondo e libero da ogni timore, si acquista la pace e diventa ricco, spogliandosi di ogni desiderio.
«O insensati, siete tutti in errore! Pieni di ammirazione davanti a cose superflue, non siete capaci di valutare i veri beni che l’uomo possiede.
«Voi non avete capito che cosa intendiamo per buono nel campo musicale. Non vogliamo dire gli strumenti del musicista, ma quello che lo rende musicista.
Ma la pena più grande per i delitti sta nei delitti stessi.
le vere tempeste sono quelle che agitano la nostra anima ogni giorno
Io non so quello che accadrà, ma so quello che può accadere; nulla dovrò scongiurare, perché tutto mi attendo. Se qualche danno mi viene risparmiato, me ne compiaccio. M’inganna l’ora che sopraggiunge, quando mi risparmia; ma, in realtà, neppure allora m’inganna, perché, come so che tutto può accadere, so anche che non è poi certo che accada. Aspetto le prosperità, sono preparato alle avversità.
Non saprei dire se debbo irritarmi di più con quelli che ci negano ogni possibilità di conoscere o con quelli che non ci lasciano neppure la consolazione dell’ignoranza.
La saggezza è il bene supremo della mente umana; la filosofia è l’amore ardente della saggezza, e tende là dove la saggezza è arrivata. È chiaro perché la chiamano filosofia: l’etimologia della parola indica qual è l’oggetto del suo amore.
La filosofia va verso la meta. La saggezza è la meta verso cui si va.
occorre, anzitutto, che uno giudichi il valore di una cosa; in secondo luogo, che sappia regolare l’impulso che lo spinge verso di essa; in terzo luogo, che ci sia accordo fra l’impulso e l’azione, in modo che in tutte queste tre fasi uno si trovi sempre coerente con se stesso. Una deficienza in una delle tre fasi provoca disordine anche nelle altre.
La retorica ha cura delle parole, sia nel loro significato, sia nell’ordine in cui sono disposte. La dialettica si divide in due parti: i pensieri e le parole; cioè le idee che vengono espresse e i vocaboli con cui vengono espresse.
a chi ti dice: «Sempre la stessa predica?», rispondi: «Sono io che devo dire: “Fino a quando cadrete nelle stesse colpe?”. Volete che il rimedio cessi prima del male?
valore e l’importanza della saggezza derivano dal fatto che essa non ci viene incontro, ma ciascuno la deve a se stesso e non la va a chiedere agli altri.
saggio è stato sempre semplice nel suo modo di vivere. E c’è motivo di meravigliarsene? Anche in questa età gli piace essere libero, per quanto è possibile, da bagagli inutili.
Diogene e Dedalo? Quale di questi due è per te il saggio? L’inventore della sega o quel Diogene che, avendo visto un fanciullo bere nel cavo della mano, trasse subito dalla sua bisaccia la tazza e la ruppe, rivolgendo a se stesso questo rimprovero: «Ed io, pazzo che sono, per tanto tempo mi sono appesantito di un bagaglio inutile»?
il filosofo che insegna a sé e agli altri che la natura niente ci ha imposto di duro e di difficile, che noi possiamo avere un’abitazione senza bisogno di marmorari e di fabbri, che possiamo vestirci anche senza dover importare stoffe di seta, che possiamo avere quanto occorre ai bisogni di ogni giorno contentandoci di quello che la terra ci offre sulla sua superficie? Se l’umanità vorrà ascoltarlo, essa si convincerà che si può fare a meno dei cuochi come dei soldati.
minimalism
O il filosofo che insegna a sé e agli altri che la natura niente ci ha imposto di duro e di difficile, che noi possiamo avere un’abitazione senza bisogno di marmorari e di fabbri, che possiamo vestirci anche senza dover importare stoffe di seta, che possiamo avere quanto occorre ai bisogni di ogni giorno contentandoci di quello che la terra ci offre sulla sua superficie? Se l’umanità vorrà ascoltarlo, essa si convincerà che si può fare a meno dei cuochi come dei soldati.
Erano saggi, o almeno si avvicinavano alla saggezza, coloro che provvedevano con semplicità alla cura della propria persona. C’è bisogno di poco per assicurarsi il necessario: sono i piaceri che ci procurano tante fatiche. Non ti occorreranno artigiani: segui la natura.
La sapienza ha più in alto la sua sede, maestra non delle mani, ma delle anime.
Ella favorisce la pace e chiama il genere umano alla concordia.
essa tende al possesso della felicità: questa è la meta verso cui ci conduce, mostrandocene la strada. Essa ci insegna a distinguere ciò che è male da ciò che sembra male; essa sgombra dalla mente ogni vanità; essa dona una solida grandezza e ricaccia la boria, gonfia di vuote apparenze, non ammettendo che si ignori la differenza che c’è fra la vera e la falsa grandezza; essa ci fa conoscere, insieme con la natura universale, anche la sua stessa natura. Essa ci rivela l’essenza e gli attributi delle divinità celesti e sotterranee, dei lari, dei genii, delle anime rese immortali sotto forma di divinità secondarie. Essa ci rivela la loro sede, il loro ufficio, il loro potere, la loro volontà.
essa torna a considerare l’origine delle cose, la ragione eterna incorporata nel gran tutto e la forza insita in tutti i germi, per cui ogni essere acquista una propria forma. Inoltre essa iniziò lo studio dell’anima, della sua origine, della sua sede, della sua durata, delle parti in cui si divide. Dai corpi essa passò agli esseri incorporei e ricercò la verità e le prove della verità; poi mostrò come si possa distinguere il vero dal falso, nelle parole come nella vita, mentre si fa spesso confusione tra i due concetti.
La stessa terra era più fertile senza bisogno del lavoro umano e dava generosamente i suoi frutti agli uomini che si astenevano dalla rapina.
un’abitazione campestre costruita da mano rustica: questa sì che era una dimora secondo natura, in cui si viveva in letizia, senza paura né della casa né per la casa: ora essa è una gran parte della nostra paura.
si astenevano dall’uccidere anche le bestie:
c’è una grande differenza fra il non voler fare il male e il non conoscerlo.
Possiede la virtù solo un animo educato e colto, che è pervenuto con un costante impegno alla perfezione. Noi nasciamo per raggiungerla, ma senza possederla già; e anche negli uomini migliori, prima che vengano educati, c’è materia per la virtù, ma non la virtù. Addio.
Spesso ad una sciagura tien dietro una maggiore prosperità:
Che cos’è dunque la felicità? È un costante senso di sicurezza e di tranquillità e deriva da un animo grande che conserva stabilmente un retto giudizio.
Nessun saggio pretende che la fortuna sia stabile, o ammira se stesso per i beni che non gli appartengono.
Come possiamo giungere a una vita felice? Quando abbiamo una completa visione della verità; quando manteniamo nelle azioni l’ordine, la misura, il decoro, il desiderio di astenerci dal male e di fare il bene, la volontà decisamente rivolta a ciò che è ragionevole, uno spirito che si fa amare e, insieme, ammirare.
poiché il bene non sta nella cosa, ma nella scelta conveniente: sono oneste le nostre azioni, non le cose che ne sono l’oggetto.
quello che non ha neppure il potere di peggiorare una situazione, non può neppure impedire che diventi ottima.
La virtù non ha gradi di intensità: quindi neppure la felicità, che deriva dalla virtù. Infatti la virtù è un bene così grande che non sente gli accidenti trascurabili, come la brevità della vita, il dolore e i vari disagi del corpo. Quanto al piacere, esso non merita di essere preso in considerazione. La principale caratteristica dell’uomo virtuoso è non aver bisogno del domani e non star sempre a contare i propri giorni: un istante gli basta per gustare i beni eterni nella loro pienezza. Ma a noi tutto questo sembra incredibile e al di sopra della natura umana, poiché giudichiamo l’eccellenza della virtù secondo la nostra debolezza e diamo ai nostri vizi il nome di virtù.
Il saggio sa che la vera ricchezza non consiste nell’ammassare beni materiali; l’anima, e non la cassaforte, dev’essere piena.
Perché non dovresti pensare che ci sia qualcosa di divino in chi è parte di dio? Questo tutto che ci circonda costituisce un’unità ed è dio: e noi ne facciamo parte; siamo sue membra. L’anima nostra è grande e può giungere a dio, se i vizi non la volgono in
Una volta giunta a queste altezze, non ama più neppure il corpo, che considera solo un peso necessario; e compie la funzione assegnatale di guidarlo senza assoggettarsi ad esso. Chi è schiavo del corpo non può esser libero: infatti, anche a non tener conto degli altri padroni che si procura se è troppo sollecito del corpo, egli trova in lui un padrone esigente e intrattabile. L’anima del saggio abbandona il corpo serenamente, talvolta ne balza fuori con coraggio, né vuol sapere dove andranno a a finire i suoi resti mortali.
Non dobbiamo preoccuparci che la vita sia lunga, ma che sia piena:
facciamo in modo che la nostra vita, come ogni oggetto prezioso, valga più per il suo peso che per il suo volume.
L’uno esiste anche dopo la morte, l’altro ha cessato di vivere prima di morire.
Egli vive ancora: è passato con un balzo ai posteri e ha lasciato un ricordo di sé. Se mi fossero dati in aggiunta altri anni di vita, non li rifiuterei; ma dirò che ho conosciuto intera la felicità, anche se la mia esistenza è stata abbreviata. Io non ho adattato i miei programmi di vita a quel giorno che un’avida speranza mi aveva promesso come termine della mia esistenza; non c’è giorno che io non consideri come ultimo
La durata della vita fa parte delle cose esteriori: non dipende da me. Dipende da me vivere con pienezza tutto il tempo che mi è stato assegnato.
tutto corre senza interruzione.
Il dolore ha questo di veramente buono, che, se dura a lungo, non può essere forte, e, se è forte, non dura a lungo. Noi dobbiamo accettare con coraggio quello che ci viene imposto dalle necessità della vita. Affermati questi principi generali, quando uno sarà posto di fronte alla sua particolare condizione ed avrà capito che la felicità non si ottiene vivendo secondo il piacere ma secondo la natura; quando amerà la virtù come unico suo bene e fuggirà il vizio come unico suo male e saprà che tutto il resto – ricchezze, onori, salute, vigore fisico, cariche militari – è privo di valore morale, non avrà bisogno di chi, in ogni caso particolare, lo consigli: «cammina così; mangia così; l’uomo deve comportarsi in questo modo; la donna in quest’altro; questi sono i doveri del marito; questi del celibe». Infatti, chi con tanta diligenza dà questi precetti, poi non riesce a metterli in pratica neppure lui.
dobbiamo ricercare la giustizia per se stessa, senza esservi spinti dalla paura o dalle speranza di ricompense
ci sono dei precetti che valgono sia per i malati che per i sani, come quello di non mangiare con avidità; o quello di evitare la stanchezza.
«Che giova» dice «insegnare ciò che è ben chiaro?» Moltissimo: ci sono cose a cui non prestiamo attenzione, anche se le conosciamo. Si dà un consiglio non per insegnare, ma per risvegliare l’attenzione, per incitamento, per richiamare alla memoria qualche verità in modo che non svanisca. Tanti oggetti ci stanno proprio sotto gli occhi, e noi passiamo oltre: un consiglio è una forma di esortazione. Spesso l’animo finge di non vedere anche ciò che è manifesto: bisogna quindi proporre alla sua attenzione anche le verità più note.
Catone: «Compra non quello che ti è utile, ma l’indispensabile. Quello che non è utile è caro anche per un soldo».
precetti servono appunto ad alimentare e a sviluppare l’ingegno, ad aggiungere alle doti innate nuove cognizioni, a correggere le cattive tendenze.
per confortare, per consigliare, per esortare; i rimproveri come le lodi. Sono anch’essi forme di ammaestramento e, per loro mezzo, l’anima arriva alla perfezione assoluta. Non c’è cosa tanto atta a rendere gli animi virtuosi e a richiamare sulla retta via quelli dubbiosi e inclinati al male, quanto la conversazione degli uomini buoni. Essa discende a poco a poco nei cuori, e la stessa frequenza con cui ci si vede e ci si parla ha l’effetto di un ammaestramento. Anche il solo incontrarsi coi saggi è utile, e c’è sempre qualcosa da imparare da un uomo grande anche quando tace. Non è facile dire in che modo egli sia utile, ma è facile rendersi conto che egli è stato utile.
L’insegnamento ci fa conoscere la verità; l’ammonimento ci guida nell’azione.
La virtù deriva sia dalla dottrina sia dalla pratica. Occorre prima apprendere, poi confermare col proprio comportamento quello che si è appreso. E, se è così, non giovano solo i principi della saggezza, ma anche i precetti, che hanno l’effetto di norme che frenano e reprimono le nostre passioni.
possiamo trovare in noi stessi il motivo per essere felici.
nessuno erra solo per sé, ma diffonde su chi gli è accanto la sua stoltezza e riceve, a sua volta, la stoltezza altrui. Perciò i vizi della società si trovano nei singoli, poiché è l’ambiente sociale che li diffonde.
Non credere che si possa diventare felici provocando l’infelicità altrui.
nelle avversità siamo più saggi: la prosperità toglie la visione del bene.
Del resto, nessuno intraprende neppure un’attività pratica, se non colui al quale sia stato insegnato il metodo con cui gli sia possibile fare compiutamente quel lavoro; non potrà farlo chi avrà appreso cognizioni particolari senza conoscere le regole generali.
La medicina era un tempo la scienza di alcune erbe adatte a stagnare il sangue e a cicatrizzare le ferite; poi, poco alla volta, ha raggiunto la grande complessità di oggi. Si comprende facilmente che essa aveva meno da fare quando gli organismi umani erano saldi e robusti, quando il nutrimento era semplice e non adulterato da raffinatezze sensuali. Ma dopo che, in luogo di cercare il cibo per placare la fame, si ricorse ad esso per solleticarla, e dopo che furono trovati migliaia di condimenti per eccitare l’ingordigia, quello che era alimento per lo stomaco affamato è diventato un peso per lo stomaco pieno.
Erano immuni da tutti questi malanni gli antichi, che non si erano ancora debilitati nei piaceri, che erano essi stessi ad un tempo padroni e servitori. Essi irrobustivano il corpo nelle fatiche, stancandosi sia nella corsa, sia nella caccia, sia nei lavori agricoli; e li aspettava un pasto che piaceva solo perché avevano fame. Perciò non c’era bisogno di tutto quest’apparato di medici, né di tanti ferri e scatolette. Le malattie erano semplici perché altrettanto semplici ne erano le cause.
discorso sull alimentazione, la medicina moderna e le malattie. Tutta la lettera torna su tale argomentazione.
in colui che si vuole avviare verso la felicità occorre insinuare il sentimento della virtù, che è il fondamento di ogni progresso morale.
il merito non consiste nel fare una cosa, ma nel modo in cui si fa.
Onorare dio significa conoscerlo.
Per quale motivo gli dèi fanno il bene? Per loro natura. Erra chi crede che essi non vogliano nuocere: non lo consente la loro natura. Non possono fare offese, come non possono riceverle, poiché offendere ed essere offesi sono cose inseparabili. Quella loro natura, somma e bellissima, li mise al sicuro dai pericoli e, al tempo stesso, non permise che recassero pericoli. Per venerare gli dèi occorre anzitutto credere in essi, poi riconoscerne la maestà; riconoscere la loro bontà, senza la quale non c’è maestà; sapere che essi signoreggiano il mondo e lo governano con la loro potenza, che hanno cura di tutti gli uomini, benché talora trascurino i singoli. Essi non fanno il male, né lo ricevono; tuttavia correggono e talvolta infliggono pene e castighi sotto forma di benefizi. Vuoi propiziarti gli dèi? Sii buono. Si rende loro il culto dovuto imitandoli.
Tutto quello che vedi, e in cui si raccoglie ogni essere umano o divino, forma un tutto solo: noi siamo membra di un gran corpo. Siamo partecipi per natura della stessa famiglia, poiché, composti degli stessi elementi, tendiamo allo stesso fine. La natura ci ispirò il reciproco amore e ci fece socievoli.
cerchiamo che cosa siano in realtà, non che nome abbiano.
Poniamo davanti agli occhi esempi lodevoli; si troverà l’imitatore.
Secondo me l’unica infelicità per un uomo è il credere che esista l’infelicità nella natura.
vizi che ognuno suole attribuire al suo tempo. Questi sono i vizi degli uomini, non dei tempi: nessuna età è esente da colpe.
Non solo si tende con facilità al vizio, ma anche con precipitazione
anche nelle anime più depravate c’è un fondo di buoni sentimenti: esse non ignorano ciò che è male; anche se non fanno niente per combatterlo.
«Il malvagio può riuscire a nascondersi, ma non ha mai la certezza di restare nascosto».
Perché la principale e la più grave punizione per chi ha commesso una colpa sta nel sentirsi colpevole; e nessun delitto, anche se la fortuna lo adorna con i suoi doni e lo protegge e lo garantisce, resta impunito, poiché il supplizio del delitto è nel delitto stesso.
il fatto che il criminale, anche nel luogo più sicuro, ha sempre paura, è una prova, o Epicuro, che noi, per naturale istinto, sentiamo avversione per la disonestà.
Erra, o Lucilio, chi attribuisce alla fortuna il potere di farci del bene o del male. Essa fornisce solo la materia dei nostri beni e dei nostri mali; ci dà gli elementi di ciò che si svilupperà in noi sotto forma di male o di bene. L’anima è ben più forte della fortuna; è lei a dirigere le cose in un senso o nell’altro; è lei la causa della sua felicità o della sua infelicità. Se è cattiva, volge tutto in male, anche ciò che le era apparso il più gran bene; se è retta e sana, corregge i mali della fortuna, ne raddolcisce e sa tollerarne le asprezze, accettando con gratitudine e con moderazione la prosperità, con fermezza e coraggio le disgrazie.
«Gli dèi hanno disposto meglio». A chi si trova in tale condizione di spirito nessun male fa paura.
ben miserabile l’anima ansiosa per il futuro, sventurata prima della sventura, angosciata dal timore di non poter conservare fino all’ultimo le cose che ama.
Chi si duole prima che sia necessario, si duole più del necessario. Per quella stessa debolezza per cui non sa aspettare il dolore, non sa neppure valutarne l’entità.
Qualunque sia l’oggetto di cui sei riconosciuto padrone, esso è accanto a te, ma non è tuo. Non vi può essere nulla di stabile per chi è instabile; niente di eterno e di durevole per chi è fragile. È inevitabile la morte, come è inevitabile la perdita dei beni; anzi, a ben comprendere, questo è motivo di conforto. Sappi abbandonare tutto serenamente, poiché devi morire.
Qualunque sia l’oggetto di cui sei riconosciuto padrone, esso è accanto a te, ma non è tuo. Non vi può essere nulla di stabile per chi è instabile; niente di eterno e di durevole per chi è fragile. È inevitabile la morte, come è inevitabile la perdita dei beni; anzi, a ben comprendere, questo è motivo di conforto. Sappi abbandonare tutto serenamente, poiché devi morire. Che faremo, dunque, di fronte alla perdita dei beni? Ci ricorderemo di essi e impediremo che con essi vadano perduti anche i frutti che ne abbiamo ricavato. Se ci è tolto il possesso, non può esserci tolto il ricordo di esso.
Il caso, anche quando ci toglie una cosa, ci lascia tuttavia quei vantaggi che la cosa ci ha dato; ma noi, con i nostri ingiusti rimpianti, perdiamo anche quei vantaggi.
Apprendiamo quello che bisogna fare da chi lo fa.
Che bisogno c’è di parole? Guardiamo ai fatti: non è la morte che rende forte quest’uomo contro il dolore, né il dolore che lo fortifica contro la morte; l’uno e l’altra egli affronta fidando solo in sé. Sopporta con pazienza il dolore non perché speri nella morte, e accetta volentieri la morte non perché sia stanco del dolore. Tollera l’uno, attende l’altra.
Se tu avessi avuto la più grande delle disgrazie, la perdita di un amico, dovresti sforzarti di essere più contento per averlo avuto che mesto per averlo perduto. Ma i più dimenticano quanti vantaggi e quante gioie hanno ricevuto.
la sorte può toglierci la presenza fisica di quelli che amiamo, ma gran parte di essi rimane in noi. Il tempo passato ci appartiene, e niente si trova in luogo più sicuro di ciò che ha cessato di essere. Noi siamo ingrati rispetto ai vantaggi già ricevuti, perché facciamo solo assegnamento sul futuro; come se il futuro, una volta giunto, non dovesse divenire anch’esso passato. Chi sa gioire solo dei beni presenti restringe in limiti ben angusti il campo delle sue soddisfazioni. Sia il futuro che il passato procurano diletto; l’uno con la speranza e l’altro con il ricordo; ma l’uno è incerto e non può realizzarsi; l’altro non può non essere stato; che follia lasciarsi sfuggire il possesso di ciò che vi è di più certo!
Abituiamoci, dunque, a gustare le gioie che abbiamo sorbito, a meno che il nostro animo non sia come un vaso senza fondo, che lascia cadere ciò che vi è stato versato.
Non v’è niente che non sia labile, fallace e mutevole nel tempo: ogni cosa è instabile e al primo colpo di fortuna si volge al suo contrario e, in tanto agitarsi di umane vicende, niente è certo, tranne la morte. Tuttavia tutti si lagnano di questa, che è la sola a non ingannare nessuno.
le lacrime vengono giù copiose anche a chi vorrebbe trattenerle, e alleggeriscono l’animo. E allora? Lasciamole cadere, purché cadano spontaneamente.
Spesso esse sono sgorgate dagli occhi del saggio senza ledere il suo prestigio, poiché un pianto moderato nulla toglie alla dignità di un uomo.
Ce ne sono altre a cui diamo libero corso quando richiamiamo alla memoria i cari estinti: e questa tristezza ha una segreta dolcezza, quando tornano alla mente le loro gradite parole, la loro cara compagnia e il loro affetto premuroso: allora gli occhi versano lacrime quasi di gioia.
Non ha sentimenti umani chi dimentica i suoi cari e seppellisce, insieme col corpo, la loro memoria; è prodigo di lacrime, ma avaro di ricordi.
l’oratore che accende il desiderio della imitazione, ma toglie la speranza di riuscita, allontana da sé i giovani.
Regoliamo i nostri conti con la vita giorno per giorno. Il difetto principale della vita è che essa ha sempre qualcosa d’incompiuto e che se ne rinvia una parte a un’altra volta. Chi ogni giorno ha saputo dare l’ultima mano alla sua vita non ha bisogno del tempo. Ora, da questo bisogno nasce, con la paura del domani, anche quella cupidigia del domani che rode l’anima. È una situazione veramente miserevole quella di chi si domanda, a ogni avvenimento, come andrà a finire; con l’anima agitata da un continuo terrore, pensa sempre quanto tempo vivrà ancora e quale sarà il resto della sua esistenza. Quale mezzo abbiamo per sfuggire a questa inquietudine? Uno solo: non permettere che la vita si protenda verso l’avvenire, ma ricondurla al presente. Si volge, infatti, ad attendere il futuro solo chi non sa vivere il presente.
L’uomo che si è preparato in modo da vivere ogni giorno la vita nella sua pienezza, è veramente sicuro di sé; ma chi si fa della speranza una ragione di vita, si vede sfuggire il presente di ora in ora e subentra in lui, col desiderio di sopravvivere, la paura della morte, sentimento spregevole che rende spregevole ogni momento della vita.
Ma può chiamarsi vita un’agonia prolungata?
La lode, ripeto, è nell’animo di chi la concepisce, non nelle parole, che servono solo a portarla a conoscenza di tutti.
Pensa quanto ci giovino i buoni esempi; comprenderai che il ricordo degli uomini grandi non ci è meno utile della loro viva presenza.
Ma non dovrai vantarti troppo di questa attività filosofica: molti che la esercitarono con orgoglio e senza moderazione ne furono danneggiati. Essa ti liberi dai tuoi difetti senza spingerti a biasimare quelli degli altri; non ti tenga lontano dal comune modo di vivere, perché non si abbia l’impressione che tu condanni tutto quello che non fai tu stesso. Si può essere saggi senza mettersi in mostra e senza provocare antipatie
prova di una grande sensibilità umana chi ha cura della propria vecchiaia, se sa che ciò è gradito e utile a qualcuno dei suoi cari, per quanto il massimo vantaggio di tale età sia nel vivere senza usarsi troppi riguardi. Inoltre questo sacrificio ci ricompensa con grandi soddisfazioni.
Se vuoi sfuggire ai mali che ti assillano, non devi andare in un altro luogo; devi essere un altro uomo.
Non le affrontiamo non perché siano difficili; ma sono difficili perché non le affrontiamo.
anzitutto dobbiamo allontanare i piaceri: essi snervano, rendono fiacchi, esigono troppo, e questo troppo lo esigono dalla fortuna. Bisogna disprezzare le ricchezze: esse sono la mercede della schiavitù.
chi è temuto teme; non può starsene tranquillo chi è oggetto dell’altrui paura.
C’è nel parlare qualcosa di insinuante e di blando che, come l’ebrezza e l’amore, cava fuori i segreti. Nessuno terrà per sé quello che ha udito; nessuno rivelerà solo quello che ha udito.
Chiunque si aspetta un castigo ha in questa attesa il suo castigo; e s’aspetta il castigo chiunque se lo è meritato. Qualche volta chi ha dei rimorsi può essere al sicuro, ma non sarà mai tranquillo. Anche se non è stato scoperto, teme di essere scoperto; si agita nel sonno.
non mi manca il tempo libero, come non manca a tutti quelli che vogliono trovarlo.
Nessuno è incalzato dalle occupazioni; sono gli uomini che vi si immergono, convinti che esse siano un mezzo per essere felici.
noi ci gingilliamo e perdiamo tempo in inutili sottigliezze, che possono farci più dotti, non migliori. La saggezza è cosa più chiara e, soprattutto, più semplice. Basta poco studio per il perfezionamento morale; a noi, invece, anche la filosofia serve per perderci in inutili questioni. Come in tutto il resto, anche negli studi pecchiamo d’intemperanza: c’interessano le dispute scolastiche, non i problemi della vita.
È più forte di fronte a un evento chi vi si è preparato da tempo; e resiste anche alle maggiori avversità, se le ha previste. Ma chi è impreparato si spaventa di ogni inezia. Fa’ che non ti capiti nulla all’improvviso, e poiché ogni sventura riesce più gravosa quando non è prevista, la meditazione assidua ti aiuterà a non essere colto di sorpresa.
Non possiamo mutare questo stato di cose, ma possiamo armarci di un animo grande e degno di un uomo virtuoso per sopportare con coraggio i casi della vita, senza ribellarci alla natura. La legge con cui la natura governa questo regno che tu vedi è il cambiamento
La cosa migliore è tollerare ciò che non si può correggere, e accettare senza lamenti la volontà divina, che tutto dispone. È un cattivo soldato chi segue il capitano mormorando
Cerca di apprendere secondo le tue capacità, non secondo i tuoi desideri; se avrai un animo ben disposto, la tua capacità di apprendere si adeguerà ai tuoi desideri; poiché un animo siffatto, più riceve, più si estende.
«Il maestro e l’allievo,» diceva «l’uno istruendo, l’altro istruendosi, debbono tendere alla stessa meta: il profitto.»
tale è la virtù della filosofia, che ne trae giovamento non solo chi studia di proposito, ma anche chiunque abbia qualche dimestichezza col filosofo. Chi sta al sole si abbronza anche se non c’è venuto per questo motivo. Chi sosta per un po’ in una profumeria rimane impregnato di quell’odore; e chi è stato a sentire un filosofo, anche uno che sia disattento, ne trae necessariamente qualche profitto. Bada però al termine che ho usato: ho detto «disattento», non «prevenuto».
la purezza di un’anima che si astiene non solo dai piaceri illeciti, ma anche da quelli superflui
in certi casi la rinunzia totale costa meno dell’uso moderato.
Sestio affermava che l’uomo ha una alimentazione sufficiente senza bisogno di versare il sangue e che la crudeltà diventa in lui un’abitudine quando ha preso gusto a lacerare le carni. Aggiungeva che era bene limitare i piaceri sensuali e concludeva che la nostra varietà di cibi è contraria alla salute e poco confacente al corpo umano. Secondo Pitagora, c’è una parentela di tutti gli esseri fra loro, poiché le anime trasmigrano continuamente da una forma di vita all’altra. Nessun’anima per lui muore o cessa di agire se non nel breve istante del suo passaggio in un altro corpo. Vedremo in seguito attraverso quali vicende e in quale momento, dopo aver albergato in parecchi corpi, l’anima torni a reincarnarsi in un corpo umano. Intanto possiamo dire che Pitagora ha ispirato agli uomini la paura di un delitto e di un parricidio, poiché essi potrebbero, senza saperlo, imbattersi nell’anima del genitore e compiere un atto sacrilego uccidendo o mangiando un corpo che ospitava lo spirito di qualche congiunto.
Non credi che in questo universo niente perisca, ma cambi semplicemente sede; e che non solo i corpi celesti si volgano per orbite fisse, ma anche gli esseri animati abbiano le loro fasi diverse e ogni anima ha la sua orbita? Eppure dei grandi uomini l’hanno creduto.
Perciò sospendi, se vuoi, il tuo giudizio, lasciando il problema insoluto. Se la dottrina è vera, l’astinenza delle carni ci salva da un delitto; se è falsa, essa ci rende sobri. Che danno avresti a seguire i miei insegnamenti? Verresti a perdere solo il cibo dei leoni e degli avvoltoi».
Incitato dalle sue parole, mi astenni dalle carni; e, dopo un anno, questa abitudine mi era diventata non solo facile, ma piacevole. Mi sentivo l’anima più agile e oggi non oserei affermare se fosse realtà o illusione
Ora, è molto importante in ogni studio che si inizia, sapere la meta che ci si propone.
Amiamo ogni nuovo giorno che ci si presenta come il più bello e volgiamolo a nostro vantaggio. Dobbiamo impadronirci di ciò che passa rapidamente.
bisogna ascoltare o leggere i filosofi in rapporto allo scopo che ci proponiamo: la felicità; non per cercarvi espressione arcaiche o neologismi, o brutte metafore o altre figure stilistiche, ma precetti salutari, sentenze nobili e coraggiose, da tradurre subito in atto. Facciamo nostri questi insegnamenti, in modo che le parole ascoltate diventino opere.
Ecco qua un mezzo con cui tali maestri possono provare che questa morale è la loro: quello che dicono lo mettano in pratica.
resta sempre, anche al saggio, qualche scoperta da fare, per sviluppare il suo spirito.
anche chi si trova al sommo grado di calore ha bisogno di altro calore per mantenersi a quel grado.
Si comincia a ragionare saggiamente quando si è liberati da preoccupazioni e da timori.
Poni bene attenzione e considera le cose umane come realmente sono, non come sono chiamate; dovrai riconoscere che la maggior parte dei mali ci giungono al momento opportuno, e non già per caso. Quante volte quella che sembrava una disgrazia è stata la causa e l’inizio di una brillante fortuna! Quante volte una situazione accolta con grande letizia è stata il primo passo verso il precipizio,
Prendiamoci la pena di guardare bene: subito ci apparirà quanto passeggero, incerto e privo di pericoli sia l’oggetto della nostra paura.
Tutto quello che doveva servire al nostro bene, dio, nostro padre, ce l’ha messo accanto senza aspettare che noi lo cercassimo, ce l’ha dato spontaneamente; le cose nocive le ha ricacciate nella profondità della terra. Non possiamo lagnarci che di noi stessi: mentre la natura ci ha nascosto gli strumenti della nostra rovina per impedircene l’uso, noi li abbiamo portati alla luce. Abbiamo assoggettato l’anima al piacere, asservimento che è all’origine di tutti i mali; l’abbiamo abbandonata al desiderio di popolarità e di successo ed a tutti gli altri idoli ugualmente vani e inconsistenti.
devi distinguere da te il necessario dal superfluo.
che virtù c’è a disprezzare il superfluo? Potrai essere soddisfatto di te quando riuscirai a disprezzare il necessario. Non ti costa molto se riesci a vivere senza un fasto reale, se non desideri giganteschi cinghiali, lingue di fenicotteri e altre raffinatezze del lusso che, disgustato degli animali interi, sceglie di ciascuno una parte determinata. Potrò ammirarti se riuscirai a disprezzare il pane nero, se giungerai a convincerti che, ove occorra, l’erba può alimentare gli uomini come le bestie; se ti renderai conto che anche le tenere foglie possono saziare questo ventre in cui noi ammassiamo cibi pregiati, come se potesse conservarli sempre. Riempiamolo senza fare gli schizzinosi: che importanza ha il cibo che riceve, se dovrà poi perderlo tutto? Ti piace vedere imbanditi animali terrestri e marini; questi ultimi, tanto più gustosi quanto più ti giungono freschi; gli altri, alimentati a lungo e ingrassati artificialmente, quasi si sciolgono per il grasso che non possono più contenere (ti piace la loro lucentezza ottenuta con arte raffinata). Ma, per Bacco, queste vivande procurate con tanta fatica e servite con tanta varietà di condimenti, una volta entrate nello stomaco, si confonderanno tutte in un amalgama immondo
essere felice e non di sembrarlo: ossia di sembrare felice a te stesso, e non agli altri.
dispute che non lasciano sperare alcun vantaggio.
Tutto ciò che è multiplo in un unico oggetto rientra in un’unica natura e perciò è uno.
Solo ciò che sussiste per sé può contare come unità a sé; ciò che è parte integrante di una cosa non può essere considerato come un’altra cosa, perché, per essere un’altra cosa, occorre costituire un’individualità, un tutto, un essere completo in se stesso.
Anche le cose che appaiono simili, quando si mettono a confronto presentano evidenti contrasti
perché non trattiamo piuttosto argomenti che siano a noi utili e salutari? Perché non cerchiamo come si può giungere alla virtù, e qual è la via che ad essa ci conduce? Insegnatemi non a dimostrare se il coraggio è un animale, ma che nessun animale è felice senza il coraggio, se cioè non si è fortificato contro i casi fortuiti, se con la meditazione non ha acquistato un tale dominio su sé e sulle cose da prevenire ogni assalto delle avversità.
Non si deve guardare quale sia il premio di un’azione giusta: il maggior premio sta nella stessa azione giusta».
Chi vuole che la sua virtù sia conosciuta dal pubblico non lavora per la virtù, ma per gloria.
si abbia cura dell’anima: da essa vengono fuori i pensieri e le parole; da essa ci vengono le abitudini, l’aspetto, il portamento. Se essa è sana e valida, anche il linguaggo è robusto, forte e virile; se essa cade, trascina tutto nella sua rovina. «Finché il re rimane incolume, tutti hanno la stessa volontà. Caduto il re, ogni patto è infranto.»2 Il nostro re è l’anima: finché essa è sana, ogni cosa sta al suo posto, obbediente e sottomessa. Se essa vacilla appena, tutto diventa incerto. Se essa ha ceduto al piacere, anche le sue doti e le sue azioni si paralizzano e ogni sforzo è languido e fiacco.
Niente ti aiuterà tanto ad essere temperante in tutto, quanto il pensare spesso che la vita ti riserva pochi giorni, e neppure sicuri. Qualunque sia la cosa che fai, volgi il pensiero alla morte.
Ella non vuole essere onorata con sacrifici di grassi giovenchi, né con ex-voto d’oro o d’argento, né con tributi versati al tesoro del santuario, ma con una più intima religiosità e con la rettitudine delle intenzioni.
poiché sappiamo che, sotto quell’oro, si nascondono brutte travi, D’altra parte, non solo i nostri muri e i nostri soffitti mostrano un ornamento tutto esteriore: anche la felicità di tutti costoro, che vedi avanzare a testa alta, è solamente alla superficie. Guardali meglio e ti accorgerai quante miserie si accumulano sotto quel tenue velo di dignità
e noi, divenuti di volta in volta mercanti e merci, cerchiamo nelle cose non la qualità, ma il prezzo. Siamo buoni o cattivi secondo il prezzo; seguiamo l’onestà finché ci fa sperare qualche cosa, pronti a passare dall’altra parte se ci ripromettiamo maggiore vantaggio dal delitto.
l’avidità di danaro non è mai senza pena, per quanto quest’avidità sia in se stessa una pena sufficiente.
C’è maggior tormento nel possesso delle ricchezze che nella fatica di procurarsele. Quanti lamenti ci procurano le perdite, che, per quanto grandi, ci appaiono sempre maggiori della realtà!
Nell’amore ci nuoce ugualmente il successo come l’insuccesso: perdiamo il controllo di noi stessi, o in balìa del successo o in conflitto con l’insuccesso. Perciò, coscienti della nostra debolezza, stiamocene quieti. Non dobbiamo abbandonare la nostra debole anima né al vino, né alla bellezza, né agli adulatori, né ad alcuna altra lusinghevole attrattiva.»
Sai perché non siamo capaci di fare quello che dicono gli stoici? Perché non abbiamo fiducia di esserne capaci. Anzi, la ragione vera è un’altra: noi amiamo i nostri vizi, li difendiamo e preferiamo scusarli che scacciarli.
Si tratta di cattiva volontà, non di una presunta nostra impossibilità.
c’è molta differenza fra il dire esso e il parlare di “esso”.»
Nessuno ignora che ciò che è di là da venire non è un bene, proprio perché è di là da venire. Infatti, ciò che è bene giova senz’altro, e giova in quanto è presente. Se non giova, non è un bene; se giova, è già presentemente un bene.
Il fatto che una cosa ha da venire è per me il segno più chiaro che essa non è ancora.
È più opportuno pensare ai propri guai che a quelli altrui; esaminare noi stessi e vedere a quante cose aspiriamo senza sforzarci di realizzarle.
Chi, caro Lucilio, nulla chiede e passa oltre, senza degnare di uno sguardo i comizi della fortuna, può godere una vita dignitosa, tranquilla e libera.
non prendere a mutuo se non da te stesso. Per poco che sia, basterà, se quello che ci manca non lo chiediamo che a noi. Tra il non desiderare e il possedere, caro Lucilio, non c’è alcuna differenza. In entrambi i casi hai l’essenziale: non soffri.
«Il saggio è un ricercatore finissimo delle ricchezze naturali».
Non è mai poco quello che basta, e non è mai molto quello che non basta.
Credimi: è una gran cosa rappresentare sempre la stessa parte; ma è solo il sapiente a rimanere sempre se stesso; tutti gli altri, quanti siamo, cambiamo continuamente parte:
Compie meglio i suoi doveri chi, già desto, saluta la prima luce. Degno di biasimo è chi giace ancora assonnato col sole già alto e si sveglia solo a mezzodì.
l’uomo operoso non trova mai troppo lunga la sua giornata. Dobbiamo vivere di più: il dovere e la ragione d’essere della vita è l’azione.
la gente dedita ai piaceri vuol far parlare di sé finché vive: pensa che è fatica perduta se gli altri non ne parlano. Perciò fanno sempre qualcosa che abbia risonanza.
non mangiare finché la fame non te lo comanda
nessuna disavventura è dura, se la si accoglie a cuore leggero; non ci sono guai che ci debbano indignare, solo che non siamo noi stessi a ingigantirli con la nostra indignazione.
Nessuno può avere tutto quello che desidera; ma egli può non desiderare quello che non ha, e accettare con gioia quello che gli si presenta.
Una delle cause delle nostre miserie è che noi viviamo seguendo l’esempio altrui e, invece di regolarci secondo ragione, ci lasciamo trascinare dalla consuetudine.
Seguiamo due tattiche opposte: ritiriamoci di fronte a ciò che ci invita; affrontiamo ciò che ci incalza.
Tutte le avversità le considera esercizi.
importa non quello che sopporti, ma come lo sopporti.
C’è bisogno di una prova per conoscersi; nessuno sa quel che può se non sperimentandosi.
guarda arditamente il suo sangue il veterano che sa che spesso al sangue segue la vittoria.
non curarsi della sofferenza l’animo giunge a forza di soffrire; quale ne sia l’effetto in noi lo saprai, considerando quanto debbano alla fatica popoli privi di risorse e fortificati dal bisogno.
È dunque a vantaggio degli uomini buoni, perché siano senza paura, trovarsi spesso in situazioni paurose e tollerare pazientemente quelli che non sono mali se non per chi mal li sopporta.
La fatica chiama i migliori:
nulla si strappa se non a chi fa resistenza».
È di animo basso e pigro cercare il sicuro: la virtù va per le vette.
è invulnerabile non quel che non viene colpito, ma quel che non viene leso:
il sapiente è di migliore qualità, se nessuna offesa gli nuoce, piuttosto che se non gliene viene fatta nessuna;
ci tormenta non solo il dolore, ma il pensiero del dolore, come accade solitamente ai bambini,
la fortuna nient’altro porta via se non quel che prima ha dato. Ma la virtù non è un suo dono, perciò nemmeno può toglierla: la virtù è libera, inviolabile, salda, incrollabile, così indurita contro le disgrazie che non può essere neppure piegata, tanto meno vinta; guarda a testa alta i preparativi di cose terribili, non muta per nulla il suo volto, qualunque realtà le si mostri, sia dura sia favorevole. Il saggio, dunque, non perderà nessuna di quelle cose che percepirà come effimere; è in possesso della sola virtù, da cui non può mai essere estromesso, dei restanti beni fa uso come precari favori della sorte: chi è turbato dalla perdita di cosa altrui? Se l’offesa non può danneggiare nulla che appartenga al sapiente, poiché, essendo salva la virtù, sono salvi tutti i suoi beni, al sapiente non può essere fatta offesa.
è incerto e malsicuro, infatti, il possesso di tutto quel che ci viene dall’esterno.
malvagi sono dannosi tanto ai buoni quanto – reciprocamente – a se stessi.
Ogni delitto si può ritenere compiuto, relativamente a quanto basta per essere colpevoli, anche prima della riuscita dell’azione. Certe cose hanno tale natura e si legano secondo tale relazione, che una può aver luogo senza l’altra, ma non vice-versa.
saggio, che non sa vivere né nella speranza né nel timore di qualcosa, evita tutto questo.
dobbiamo tenere nel medesimo conto gli onori e le offese del volgo. E non bisogna dolersi di queste né compiacersi di quelli;
Ma la libertà non consiste nel non patire alcunché, ci sbagliamo: la libertà consiste nell’innalzare l’animo al di sopra delle offese e nel formare se stesso in modo tale che soltanto da sé scaturisca tutto il bene di cui bisogna gioire, nel separare da sé le cose esterne, affinché non si debba condurre una vita inquieta temendo il riso di tutti, la lingua di tutti.
libera il corpo col digiuno;
Innanzi tutto è più facile tener fuori di noi ciò che è dannoso che controllarlo, e non farlo entrare in noi che porgli un freno una volta che sia entrato; infatti quando i vizi diventano padroni, sono più forti di chi vorrebbe governarli, né tollerano d’essere troncati o ridotti.
disprezzare subito i primi sintomi dell’ira e opporci al suo stesso nascere e impegnarci a non cadere in suo possesso. Poiché se comincia a portarci fuori strada, è difficile il ritorno alla salvezza, in quanto la ragione non ha voce una volta che la passione è entrata in noi e la nostra volontà le ha riconosciuto qualche diritto: essa farà per il resto tutto ciò che vorrà e non ciò che le permetterai.
passioni sono funeste sia quando fanno da serve sia quando comandano.
Eppure i più iracondi sono i bimbi, i vecchi e i malati, e ogni essere debole è per natura portato a lagnarsi.
Non è da uomo assennato odiare chi sbaglia, altrimenti odierà se stesso.
anche nell’animo del saggio, guarita la piaga, resta la cicatrice. Avvertirà quindi degli indizi e larve di passioni, ma di passioni vere e proprie sarà privo.
altri casi in cui l’ostinazione vince ogni ostacolo e dimostra che non ci sono difficoltà, quando la mente si impone da sola la sopportazione.
Prima bisogna stabilire dove vogliamo andare, poi considerare per quale via possiamo farlo nel modo più rapido.
non c’è cosa che per noi comporti mali peggiori del conformarsi all’opinione pubblica, considerando migliore quello che è accolto da più largo consenso. E siccome non ci mancano gli esempi, si finisce per vivere non secondo ragione ma imitando gli altri.
le cose migliori sono sgradite ai più. La folla è la peggiore conferma. Chiediamoci, allora, cosa sia meglio fare e non quale sia il comportamento più comune, cosa ci faccia ottenere una felicità duratura e non ciò che riscuote l’approvazione del volgo, pessimo interprete della verità;
non guardo al colore dei vestiti che servono a coprire il corpo. Non credo alle apparenze.
felice una vita consona alla propria natura. Questo può accadere solo se, prima di tutto, la mente è sana anzi nel pieno possesso delle sue facoltà, se è veramente forte, decisamente paziente, adattabile alle circostanze, attenta al corpo e a tutto ciò che lo riguarda ma senza ansie, amante dei vantaggi che migliorano la qualità della vita ma con distacco e pronta a servirsi dei doni della sorte senza diventarne schiava.
il vero piacere sta proprio nel disprezzare i piaceri.
libertà. E c’è un solo modo per ottenerla: l’indifferenza verso la sorte. Allora nascerà quel bene inestimabile, la pace di una mente sicura e l’elevatezza morale e una gioia grande e imperturbabile che deriva dalla conoscenza del vero e dall’assenza di paure e una grande serenità. Di tutti questi beni godrà non in quanto tali ma perché nascono dal vero bene che lui possiede.
Nessuno può essere felice se non è sano di mente e certo non lo è chi desidera quello che gli nuocerà. È felice dunque chi giudica rettamente. È felice chi è contento della sua condizione, qualsiasi essa sia, e gode di quello che ha. È felice chi affida alla ragione la condotta di tutta la sua vita.
gli antichi ci hanno insegnato a seguire la vita migliore e non la più piacevole, in modo che il piacere sia compagno e non guida di una buona e retta volontà. È la natura infatti che dobbiamo prendere come guida: a lei si rivolge la ragione, a lei chiede consiglio. Allora vivere felici e secondo natura è lo stesso.Ti
pigrizia e indecisione denotano contrasto e incoerenza.
virtù ma un suo accessorio e non piace perché diletta, ma, se piace, allora diletta.
fuori del tutto non esiste nulla, nulla oltre la fine. Per questo sbagli a chiedere il motivo che mi spinge ad aspirare alla virtù: cerchi qualcosa al di sopra di ciò che è sommo.Vuoi sapere cosa mi aspetto dalla virtù? La virtù.
trascura, per prima, la libertà facendola dipendere dalla gola
trovare il lato positivo in ogni situazione
Affrontiamo dunque, con grande forza d’animo, tutto quello che per legge universale dobbiamo sopportare. È un dovere che siamo tenuti ad assolvere: accettare le sofferenze umane e non lasciarsi sconvolgere da quello che non è in nostro potere evitare.
Coltivare benefiche inclinazioni è comunque lodevole al di là del risultato. Niente di strano se non arriva in cima chi ha tentato una scalata difficile. Se sei un uomo guarda con rispetto a chi si cimenta in grandi prove, anche se fallisce
non sarà mai troppo quello che potrò dare a chi lo merita.
Farò tutto secondo coscienza senza basarmi sull’opinione degli altri e, anche se sarò solo io a sapere quello che faccio, mi comporterò come se tutti mi potessero vedere.Mangerò e berrò soltanto per soddisfare i miei bisogni naturali e non per riempirmi e svuotarmi lo stomaco. Sarò affabile con gli amici e mite e indulgente con i nemici. Cercherò di prevenire ogni richiesta dignitosa e di anticipare ogni preghiera. Considererò il mondo la mia patria e gli dèi la mia guida, loro che sempre sono presenti e giudicano ogni mio gesto e ogni mia parola. E quando la natura verrà a riprendersi la mia anima o sarà la ragione a decidere di lasciarla libera,12 me ne andrò potendo dire di aver sempre amato la rettitudine morale e i nobili intenti senza aver mai limitato la libertà di nessuno e tanto meno la mia». Chi si prefiggerà questi obiettivi, desidererà di raggiungerli e farà tutto il possibile, percorrerà la strada che porta al cielo e, anche se non conquisterà la vetta tuttavia è caduto nel mezzo di una grande impresa.
il saggio non crede di non meritare i doni della sorte: non ama le ricchezze ma le accetta volentieri, le lascia entrare nella sua casa non nella sua anima e non le respinge, anzi, le tiene e fa in modo che offrano maggiori occasioni alla sua virtù.
Di certo il saggio non respingerà il favore della sorte e non si vanterà né si vergognerà di un patrimonio onestamente acquisito.
Sbaglia chi pensa che donare sia facile: tutt’altro, presenta grandi difficoltà se lo si fa in modo sensato e non a caso o per istinto.
Dove c’è un uomo c’è anche la possibilità di fare del bene.
L’uomo saggio non rivolge mai la sua generosità verso chi non la merita, ma la sua fonte è inesauribile ogni volta che incontra qualcuno che invece la merita.
il saggio pensa alla povertà proprio quando si trova in mezzo alla ricchezza
il mio comportamento non può essere condizionato dai vostri giudizi. Rivolgetemi i soliti attacchi, non penserò che mi insultate ma che piagnucolate come lattanti».
Assalitemi dunque, attaccatemi: vi vincerò sopportandovi.
Non dura così a lungo la vita umana (anche se voi non siete consapevoli della vostra condizione) da lasciare il tempo per dar fiato ai denti offendendo chi è migliore di voi».
Ci piace una cosa dopo l’altra e ci tormenta pure il fatto che i nostri giudizi non solo sono erronei, ma anche mutevoli:
Io andrò non dove esse mi manderanno, ma dove mi condurranno».
né valutiamo una via buona o cattiva di per se stessa, ma badando alla moltitudine di impronte che presenta,
noi cerchiamo la verità con quelli stessi che la insegnano.
All’uomo si richiede appunto questo, che giovi agli altri uomini; se è possibile, a molti, se no, a pochi, se neanche questo può avvenire, giovi a chi gli è più vicino, se non è possibile, a se stesso. Difatti, quando si rende utile agli altri, compie un’opera di interesse comune. Come chi diventa peggiore è dannoso non solo a sé, ma anche a tutti coloro ai quali avrebbe potuto giovare, se fosse diventato migliore, così chiunque renda un buon servizio a sé, per ciò stesso giova agli altri, poiché prepara un uomo che in futuro potrà essere loro utile.
Che cosa dà a dio chi contempla queste realtà? Che le sue opere tanto grandi non rimangano senza testimone.
La natura ci ha dato un carattere curioso, e, consapevole della sua abilità e bellezza, ci ha generati come osservatori di sì grandi spettacoli naturali: sprecherebbe il frutto della sua opera, se mostrasse ad un deserto realtà tanto grandi, tanto splendide, foggiate così minuziosamente, tanto nitide e belle nella diversità dei loro generi
Considera quanto poco tempo abbia ricevuto l’uomo, nato per indagare queste realtà, anche se lo reclama tutto per sé. Ammesso che egli non consenta che nemmeno un po’ di tempo gli sia sottratto per leggerezza, che nemmeno un po’ si perda per sua trascuratezza, ammesso che sorvegli con la massima oculatezza le sue ore e avanzi negli anni fino a raggiungere il termine ultimo della vita umana e la fortuna non gli turbi in nulla ciò che la natura ha per lui stabilito, è, tuttavia, troppo mortale per la piena conoscenza delle cose immortali. Dunque io vivo secondo natura se ad essa mi sono completamente dedicato, se sono suo ammiratore e cultore. La natura, d’altronde, ha voluto che io facessi entrambe le cose, sia agire che applicarmi alla contemplazione: faccio l’uno e l’altro, poiché neppure la contemplazione ha luogo senza azione.
così è un bene imperfetto e fiacco la virtù confinata in un ritiro inattivo, che non dimostra mai ciò che ha imparato.
Mancherà sempre, d’altronde, a coloro che lo cercano con meticolosità.
l’animo stia con se stesso, si coltivi, non si dedichi a nulla di esterno, a nulla che attenda il giudizio di altri; si cerchi una tranquillità priva di tormenti pubblici e privati».
infatti guardiamo con bonomia le cose che ci riguardano e la simpatia offusca sempre il giudizio. Penso che molti avrebbero potuto raggiungere la saggezza, se non avessero ritenuto di averla raggiunta, se non si fossero nascosti qualche loro manchevolezza, se non avessero sorvolato su qualcosa chiudendo gli occhi. Infatti non c’è ragione di credere che noi andiamo in rovina più per l’adulazione altrui che per la nostra. Chi è che ha mai osato dirsi la verità?
abbia fiducia in te stesso e creda di procedere per la strada giusta, non facendotene assolutamente distogliere dalle orme incrociate dei molti che vagano in tutte le direzioni, di alcuni che sbandano proprio ai margini della strada.
non è necessario imitare e traslitterare un termine secondo la forma greca: lo stesso oggetto di cui si tratta va contrassegnato con un nome, che deve avere l’efficacia, non l’aspetto della dizione greca.
Spesso una persona molto anziana non ha nessun altro argomento con cui provare di essere vissuta a lungo se non l’età.»
Dovremo poi osservare attentamente dapprima noi stessi, poi i compiti che intendiamo intraprendere, poi coloro per i quali o con i quali intendiamo farlo.
vizi serpeggiano e si trasmettono a chiunque sia più vicino e nuocciono per contatto
è l’inizio della malattia mescolare sano e malato. Né vorrei consigliarti di non seguire o attrarre a te nessuno che non sia saggio. Dove troverai infatti costui che cerchiamo da tante generazioni? Valga per ottimo il meno cattivo.
più facile non acquistare che perdere, e perciò vedrai più felici coloro che mai la fortuna si è voltata a guardare di quelli che ha abbandonato
la migliore misura del denaro è quella che né precipita in povertà né si allontana molto dalla povertà
Abituiamoci a rimuovere da noi lo sfarzo e a misurare l’utilità, non gli ornamenti delle cose.
Il cibo domi la fame, le bevande la sete, il piacere sia libero di espandersi entro i limiti necessari; impariamo a sostenerci sulle nostre membra, ad atteggiare il modo di vivere e le abitudini alimentari non alle nuove mode, ma come suggeriscono le tradizioni; impariamo ad aumentare la continenza, a contenere il lusso, a moderare la sete di gloria, a mitigare l’irascibilità, a guardare la povertà con obiettività, a coltivare la frugalità anche se molti se ne vergogneranno, ad apprestare per i desideri naturali rimedi preparati con poco, a tenere come in catene le speranze smodate e l’animo che si protende verso il futuro, a fare in modo di chiedere la ricchezza a noi piuttosto che alla sorte.
Ciò che è troppo è sbagliato ovunque.
È poi d’obbligo che il dolore di un piacere deluso arrivi in forma attenuata all’animo al quale non è stata promessa comunque la riuscita.
tutti i vizi della gente ci sembrino non odiosi ma ridicoli
Occorre dunque saper sdrammatizzare ogni cosa e sopportarla con animo indulgente:
è più degno di un uomo ridere della vita che piangerne. Aggiungi che acquista meriti maggiori per il genere umano chi ride piuttosto che chi piange: quello lascia ad esso una qualche speranza, costui invece piange stoltamente delle cose che dispera possano essere corrette; e per chi contempla le cose nel loro insieme è di animo più forte chi non trattiene il riso di chi non trattiene le lacrime, dal momento che suscita un’emozione piacevolissima e in mezzo a tanto apparato non ritiene nulla grande, nulla serio, nemmeno misero.
è fonte di tormento la continua osservazione di se stessi, e alimenta il timore di essere scoperti diversi da come si è soliti presentarsi.
Occorre concedere una pausa agli animi: riposati, rinasceranno migliori e più combattivi. Come non si deve essere impositivi coi campi fertili – infatti una produttività mai interrotta li esaurirà in fretta – così una fatica continua indebolirà gli slanci degli animi, e questi riacquisteranno le forze se per un po’ risparmiati e lasciati a riposo
occupazione oltre l’ora decima;15 non leggeva nemmeno le lettere dopo quell’ora, perché non gliene derivasse una qualche nuova preoccupazione
Bisogna fare anche passeggiate all’aperto, affinché l’animo si arricchisca e si innalzi grazie all’apertura degli orizzonti e all’abbondanza di aria pura da inspirare; talvolta un viaggio o un cammino e il cambiare luoghi e le cene e le bevute più generose daranno energia.
Ma nella libertà come nel vino è salutare la moderazione.
Aristotele: «Non ci fu nessun grande ingegno senza un pizzico di follia»:
una mente eccitata. Una volta che ha disprezzato le cose usuali e comuni e per divina ispirazione si è elevata più in alto, allora infine suole cantare qualcosa di più grande delle capacità umane. Non può attingere qualcosa di sublime e di elevato finché rimane in sé: è necessario si stacchi dal consueto e scarti verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove da solo avrebbe avuto paura di salire.
Non abbiamo poco tempo, ma ne abbiamo perduto molto. Abbastanza lunga è la vita e data con larghezza per la realizzazione delle cose più grandi, se fosse tutta messa bene a frutto; ma quando si perde nella dissipazione e nell’inerzia, quando non si spende per nulla di buono, costretti dall’ultima necessità ci accorgiamo che è passata senza averne avvertito il passare
Avete paura di tutto come mortali, voglia di tutto come immortali.
La vostra vita, perdiana, superasse pure i mille anni, si ridurrà a un punto: questi vostri vizi divoreranno ogni secolo; e questo spazio di tempo che la natura fa correre ma la ragione dilata, è inevitabile che vi sfugga presto. Non afferrate né trattenete o ritardate la più veloce di tutte le cose, ma la lasciate andar via come inutile e ricuperabile.
quanto i pranzi, che ormai sono obblighi sociali: vedrai come non li lascino respirare i loro mali o beni.
Nulla è più estraneo all’uomo affaccendato del vivere: di nulla è meno facile la conoscenza.
Ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro, per il disgusto del presente. Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme. Non c’è ora che possa apportare una nuova specie di piacere. Tutto è già noto, tutto goduto a sazietà. Del resto la sorte disponga come vorrà: la vita è già al sicuro. Le si può aggiungere, non togliere, e aggiungere come del cibo a uno già sazio e pieno, che non ne ha più la voglia ma ancora la capienza. Non c’è dunque motivo di credere che uno sia vissuto a lungo perché ha i capelli bianchi o le rughe: non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo.
Eppure è facile amministrare ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve custodire con maggior cura ciò che non sai quando verrà a mancare.
il maggior spreco della vita è il differirla:
Il maggior ostacolo al vivere è l’attesa, che dipende dal domani, perde l’oggi. Predisponi ciò che è in potere della fortuna, lasci andare ciò che è in tuo potere.
Come una conversazione o una lettera o un pensiero intenso inganna chi viaggia e si rende conto di essere giunto prima che di stare per giungere, così questo viaggio della vita ininterrotto e velocissimo, che percorriamo con lo stesso passo svegli e dormenti, agli affaccendati non è visibile che alla fine.
È passato del tempo: lo blocca col ricordo; urge: ne usa; sta per venire: lo pregusta. Gli fa lunga la vita la concentrazione di tutti i tempi.
è più difficile per gli uomini ottenere il riposo da se stessi che dalla legge.
Se una tale sofferenza ci tormenta senza aiutarci, bisogna smetterla prima possibile e allontanare dal cuore conforti illusori e l’amara voluttà del dolore.
è il massimo dell’incoerenza affliggersi di aver avuto per troppo poco tempo un tale fratello e non rallegrarsi di averlo comunque avuto.
la sola immortalità è quella che dà l’ingegno.
è meglio consacrarne il ricordo col tuo ingegno imperituro che piangerlo con un vano dolore.
Tenga piuttosto una via di mezzo che non imiti né l’insensibilità né la frenesia e si ponga in uno stato d’animo che sia sensibile agli affetti ma non in loro balia: scorrano le lacrime, ma anche si fermino; erompano i lamenti dal profondo del cuore, ma anche abbiano un termine; compòrtati in modo che ti possano approvare sia dei saggi sia dei fratelli. Lascia che tuo fratello ti torni spesso alla memoria, parlane continuamente, fanne rivivere l’immagine nel tuo pensiero: potrai ottenerlo solo se farai del suo ricordo più una gioia che un dolore, perché è naturale che l’animo rifugga sempre dall’oggetto di una sofferenza ricorrente.
La nostra condizione è buona al momento della nascita; è colpa nostra se la peggioriamo. La natura ha agito in modo che non ci vuole molto per vivere bene: ognuno è in grado di rendersi felice. Poca importanza hanno le cose esteriori e poco possono in entrambi i sensi: non esaltano il saggio quando van bene e non lo abbattono quando van male,
nelle cose desiderate da tutti non c’è vero bene, poi ne ho scoperto la vanità e la belluria, ingannevole trucco che nulla ha all’interno simile alla sua facciata: e ora in questi cosiddetti mali non trovo nulla così terrificante e penoso come minacciava l’opinione comune.
Incessante è il viavai del genere umano: ogni giorno qualcosa muta in un mondo così vasto:
Le due cose più belle ci seguiranno dovunque ci sposteremo: la natura universale e la virtù personale.
Tutto ciò che l’uomo ha di meglio non è alla portata dei potenti, non può essere dato né tolto. Questo universo, il prodotto più grande e più splendido della natura, e l’animo che lo contempla e l’ammira e ne è la parte più nobile, sono nostri beni stabili e duraturi che rimarranno con noi finché noi rimarremo.
Per il desiderio nulla è abbastanza, per la natura è abbastanza anche il poco.
Solo chi disprezza se stesso può essere disprezzato da un altro.