Author: Viktor E. Frankl
l’amore non si riferisce affatto all’esistenza corporea di una persona, ma intende con profondità straordinaria l’essere spirituale della creatura amata: il suo “essere così”
et lux in tenebris lucet, e la luce risplende nell’oscurità…
seguire piuttosto la via diritta o – se così si vuol dire – a non interferire nel corso del destino.
l’uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall’esterno.
Dappertutto l’uomo è messo a confronto con il proprio destino, deve cioè decidere se farà di una mera condizione di vita una conquista interiore.
era un “dono del cielo” saper affrontare con tanto coraggio la morte e ora, proseguiva, il suo destino gli concedeva questa possibilità.
la maggior parte degli uomini nel Lager credeva di aver perso la capacità di autentiche realizzazioni, mentre queste dipendevano da ciò che uno sapeva fare della vita nel Lager: vegetare, come migliaia di internati, o invece, come i pochi, i rari, vincere interiormente…
Un moto dello spirito che è una sofferenza cessa di essere una sofferenza non appena ce ne facciamo un’idea chiara e distint «Chi ha un perché nella vita sopporta quasi ogni come».
guai a chi non trovava più uno scopo di vita, non aveva un contenuto di vita, non scorgeva nessuno scopo nella sua esistenza; svaniva il significato del suo essere, perdeva ogni senso anche la resistenza.
che in verità non importa affatto che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa, in definitiva, solo ciò che la vita attende “da noi”!
Vivere, in ultima analisi, non significa altro che avere la responsabilità di rispondere esattamente ai problemi vitali, di adempiere i compiti che la vita pone a ogni singolo, di far fronte all’esigenza dell’ora.
La vita, secondo la nostra accezione, non è qualcosa di vago, ma di volta in volta qualcosa di concreto e così anche le esigenze della vita sono di volta in volta assai concrete. Il destino dell’uomo, unico e originale per ciascuno di noi, reca in sé siffatta concretezza. Non è possibile paragonare due uomini e due destini; nessuna situazione si ripete. In ogni situazione, l’uomo è chiamato a un diverso comportamento.
Qualora il destino concreto infligga all’uomo un dolore, egli dovrà vedere anche nel dolore un compito, anch’esso unico.
anche la sofferenza era diventata un compito e non volevamo sottrarci più al suo senso. La sofferenza ci aveva rivelato il suo carattere di conquista
Non c’era da vergognarsi: le lacrime erano la garanzia di avere il coraggio più grande, il coraggio di soffrire!
L’efficacia immediata dell’“essere”, dell’essere un esempio, è sempre più grande di quella dei discorsi.
«Quanto hai vissuto, nessuna potenza del mondo può togliertelo».
Perché essere passato è ancora un modo di essere, forse, anzi, il più sicuro.
Infine parlai del nostro sacrificio; esso aveva un senso in ogni caso. Dissi che era proprio del sacrificio avere come presupposto l’apparente inutilità in questo mondo, nel mondo del successo. Si tratti del sacrificio di sé per un’idea politica o del sacrificio di un uomo per un altro.
confrontato con la realtà, si dissolveva.
«Dal profondo chiamai il Signore ed Egli mi rispose dai liberi spazi»
nessuno ha il diritto di commettere un’ingiustizia, neppure chi ha subito un’ingiustizia.
nella logoterapia il paziente si confronta veramente con il significato della sua vita e viene reindirizzato in tale direzione.
Non ogni conflitto è necessariamente nevrotico; alcuni conflitti sono normali e salutari.
La logoterapia differisce dalla psicoanalisi in quanto considera l’uomo un essere il cui principale interesse consiste nel raggiungere un significato, piuttosto che nella mera gratificazione e soddisfazione di impulsi e istinti, o nella mera riconciliazione del conflitto tra Io, Es e Super-Io, o nel semplice adattarsi e adeguarsi alla società e all’ambiente.
Nietzsche: «Colui che ha un perché nella vita può sopportare quasi ogni come».
la salute mentale è basata su un certo livello di tensione: la tensione tra ciò che abbiamo già raggiunto e ciò che invece è ancora da raggiungere, o la distanza tra ciò che uno è e ciò che dovrebbe diventare.
(definita anche “stato di non tensione”). Ciò di cui l’uomo ha bisogno non è l’allentamento della tensione ad ogni costo, ma la tensione verso un potenziale significato che aspetta di essere raggiunto.
il compito di ciascuno di noi è tanto unico quanto unica è la nostra capacità di raggiungerlo.
l’uomo non dovrebbe chiedersi quale sia il significato della sua vita, ma piuttosto deve rendersi conto di ciò che la vita sta chiedendo a lui di vivere. In breve, ogni uomo viene interrogato dalla vita; alla vita lui può solo rispondere in modo responsabile. Ecco, la logoterapia considera nell’essere responsabile la vera essenza dell’esistenza umana.
«Vivi come se tu stessi vivendo per la seconda volta e come se la prima avessi sbagliato così tanto da non poter sbagliare ora!».
Più uno si dimentica di se stesso – dedicandosi a una causa da seguire o ad un’altra persona da amare – più è umano e più realizza se stesso.
Ciò che viene chiamata autorealizzazione non è in assoluto un obiettivo raggiungibile, per la semplice ragione che più uno si sforza di raggiungerlo più non ci riesce. In altre parole, l’autorealizzazione è possibile solo come effetto collaterale della trascendenza di se stessi.
Finora abbiamo parlato del fatto che il significato della vita cambi sempre, ma non cessi mai di esserci
Secondo la logoterapia, possiamo scoprire questo significato nella vita in tre diversi modi: (1) creando un lavoro o portando a termine un’azione; (2) sperimentando qualcosa o incontrando qualcuno; e (3) reagendo a sofferenze inevitabili.
sperimentare qualcosa – bontà, verità e bellezza – sperimentare la natura e la cultura o infine, ma di non minore importanza, sperimentare un altro essere umano nella sua completa unicità – amandolo.
la sofferenza cessa di essere tale nel momento in cui trova un significato, come il significato di un sacrificio.
Questo è uno dei principi cardine della logoterapia: la principale preoccupazione dell’uomo non è raggiungere il piacere o evitare le sofferenze ma piuttosto dare un significato alla propria vita.
Ma mi si lasci chiarire che in nessun modo la sofferenza è necessaria per trovare il significato. Insisto solo che il significato è possibile anche se c’è sofferenza
È proprio nell’accettare questa sfida di soffrire con coraggio che la vita assume un significato fino all’ultimo istante, e lo mantiene letteralmente fino alla fine. In altre parole, il significato della vita è incondizionato, in quanto include anche il significato potenziale delle inevitabili sofferenze.
la mia preoccupazione era diversa da quella dei miei camerati. La loro domanda era: «Sopravviverò al campo? Perché se la risposta è no, allora questa sofferenza non ha significato». La domanda che affliggeva me era invece: «tutta questa sofferenza, questo morire che ci circonda, ha un significato? Perché, se non lo ha, in fin dei conti allora non c’è alcun motivo di sopravvivere; perché per una vita il cui significato dipende dal caso, ad esempio se si riesce a scappare o meno – alla fine dei conti non vale assolutamente la pena vivere».
il sopravvivere alla mancanza di significato della vita, ma piuttosto il sopportare la propria incapacità di comprendere in termini razionali la sua mancanza di significato incondizionata. Il logos è più profondo della logica.
Non mi stanco mai di dire che gli unici aspetti transitori della vita sono le potenzialità; ma non appena vengono messe in atto, diventano realtà; vengono salvate e consegnate al passato, dove preservate dalla transitorietà. Perché, nel passato, nulla è irrimediabilmente perso ma tutto è irrevocabilmente messo da parte.
Quale scelta sarà resa una realtà, “un’impronta immortale nelle sabbie del tempo”? In ogni momento, l’uomo deve decidere, nel bene o nel male, quale sarà il monumento della sua esistenza.
Nulla può essere disfatto, e nulla può essere portato via. Oserei dire che l’essere stato è il modo più sicuro di essere.
la paura spinge ad andare verso ciò da cui si è spaventati, così un’intenzione forzata rende impossibile ottenere ciò che uno si sforza di ottenere. Questa intenzione eccessiva, o “iper-intenzione”, come la chiamo io, può essere osservata particolarmente nei casi di nevrosi sessuale.
Il piacere è, e deve rimanere, un effetto collaterale o sottoprodotto, ed è distrutto e rovinato quanto più viene reso un obiettivo in sé.
La tecnica logoterapeutica, chiamata intenzione paradossa, è lavorare su questa capacità, mettendo il paziente in grado di osservare dall’esterno la propria nevrosi.
“Il nevrotico che impara a ridere di se stesso probabilmente sta incamminandosi sulla strada dell’autocontrollo e della cura”
la pressione sollecita la contro-pressione.
non appena il paziente smette di combattere le proprie ossessioni e prova a ridicolizzarle trattandole in modo ironico – applicando l’intenzione paradossa – il circolo vizioso è spezzato, il sintomo diminuisce e finalmente muore.
Non è la preoccupazione del nevrotico per se stesso, che sia compassione o disprezzo, che può rompere il circolo vizioso; la chiave della cura è la trascendenza da se stessi!
Per chiarire, un essere umano è una cosa finita, e la sua libertà è limitata. Non è libero dalle condizioni, ma è libero di prendere una posizione nei confronti delle condizioni.
L’uomo non è completamente condizionato e determinato, ma piuttosto determina se stesso sia che si abbandoni alle condizioni o che reagisca ad esse. In altre parole, l’uomo è l’ultimo determinante di se stesso. L’uomo non esiste semplicemente, ma decide sempre quale sarà la sua esistenza, cosa diventerà nel prossimo momento.
La libertà, però, non è l’ultima parola. La libertà è solo parte della storia e mezza verità. La libertà non è che l’aspetto negativo di tutto il fenomeno il cui aspetto positivo è la responsabilità. Infatti, la libertà può degenerare in mero arbitrio, a meno che non venga vissuta con responsabilità.
Un essere umano non è una cosa tra le altre; le cose si determinano l’un l’altra, ma l’uomo essenzialmente si autodetermina. Ciò che diventa – entro i limiti di doti e contesto – lo decide per se stesso
1] ribaltare le sofferenze in traguardi e successi; 2] ricavare dalla colpa l’opportunità di cambiare se stessi per il meglio; 3] ricavare dalla transitorietà della vita un incentivo a prendere decisioni responsabili.
l’ottimismo non deve essere comandato né ordinato. Né la fede né l’amore possono essere comandate o ordinate.
la felicità non può essere raggiunta; deve essere perseguita.
Uno deve avere un motivo per “essere felice”. Una volta che trova il motivo diventa automaticamente felice.
l’uomo non vive solamente per il benessere.
il significato ultimo della vita non si rivela, se si rivela, solamente alla fine sul punto di morte? E anche questo significato ultimo non dipende dall’essere riusciti a realizzare il potenziale significato di ogni singola situazione al meglio secondo il proprio sapere e il proprio credo?
La logoterapia considera la coscienza come un suggeritore che, quando necessario, indica la direzione che dobbiamo seguire in una data situazione.
la logoterapia insegna, sono tre i modi in cui si riesce a dare un significato alla propria vita. Il primo è creando un lavoro o compiendo un’azione. Il secondo è sperimentando qualcosa o incontrando qualcuno; in altre parole, il significato può essere trovato non solo nel lavoro ma anche nell’amore. Edith Weisskopf-Joelson osservò a questo proposito che il «concetto logoterapeutico che l’esperienza può essere tanto importante quanto il successo è terapeutico, perché compensa la nostra enfasi unilaterale sul mondo esterno dei successi alle spese del mondo interiore dell’esperienza». Ancora più importante è tuttavia il terzo modo di raggiungere un significato nella vita: anche la vittima inevitabile di una situazione senza speranza, di fronte a un fato che non può cambiare, può risollevarsi, può crescere oltre se stessa, e facendo ciò può cambiare se stessa. L’individuo può capovolgere una tragedia personale in un trionfo
il significato è disponibile nonostante – o anche attraverso – la sofferenza, ammesso che la sofferenza sia inevitabile. Se è inevitabile, è fondamentale rimuoverne la causa, poiché la sofferenza non necessaria è masochistica piuttosto che eroica. Se, dall’altra parte, uno non può cambiare la situazione che causa la sua sofferenza, il suo comportamento può ancora scegliere
ogni momento della vita implica la morte, e quel momento non tornerà mai più.
Vivi come se tu stessi vivendo per la seconda volta e come se la prima avessi sbagliato talmente tanto da non poter sbagliare ora.
Nel passato, nulla è irrimediabilmente perso, ma piuttosto al contrario tutto è irrevocabilmente messo da parte come tesoro
Come la vita rimane potenzialmente piena di significato in ogni condizione, anche la più miserabile, così ogni persona mantiene il suo valore perché questo si basa sui valori realizzati nel passato e non legati all’utilità che può o non può avere nel presente.
differenza sostanziale che c’è tra l’essere di valore nel senso di avere dignità morale, e l’essere di valore nel senso di essere utile.
Eppure è proprio lì che vedo la sfida: riuscire ad entrare nella minoranza. Perché il mondo è malato. Ma lo sarà ancora di più se ognuno di noi non farà del suo meglio.