creato: 22 10 2020; modificato: 22 10 2023

Indice

Così parlò Zarathustra

Ciò ch’è grande nell’uomo è l’essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare nell’uomo è l’essere una transizione e una distruzione.

Fratello, se possiedi una virtù, e questa virtù è tua, tu non l’hai in comune con nessun altro. Ma tu vuoi chiamarla per nome e vagheggiarla: vuoi prenderla per le orecchie e trastullarti con lei. Ed ecco! Ora hai in comune con gli altri il suo nome, e sei divenuto popolo e gregge con la tua virtù!

Incuranti, beffardi, violenti, così ci vuol la pazienza: essa è donna ed ama sempre soltanto i guerrieri.

Amiamo la vita non già perché assuefatti alla vita, ma perché avvezzi ad amare. Vi è sempre un po’ di follia nell’amore. Ma c’è sempre anche un po’ di ragione nella stessa follia.

Crederei solo a un Dio che sapesse danzare. E quando guardai il mio demonio, lo trovai serio, pesante, profondo, solenne: era lo spirito della gravità – e a cagion sua cade ogni cosa. Non con la collera, ma col riso si uccide.

Ma per il mio amore e la mia speranza, ti supplico: non gettar via l’eroe dall’anima tua! Tieni sacra la tua più sublime speranza!

Sia la vostra pace vittoria!

Voi dovete andar fieri del vostro nemico: allora i successi del vostro nemico saran pure i vostri.

La vostra nobiltà sia l’obbedienza. Il vostro stesso comandare sia obbedire! A un buon guerriero suona meglio «tu devi», che «io voglio». E tutto ciò che v’è caro dovete permettere che vi si comandi. Il vostro amor della vita sia l’amore della vostra più alta speranza: e la vostra più alta speranza sia il più alto pensiero della vita! Ma il vostro più alto pensiero, dovete tollerare che ve lo comandi – e suona: l’uomo è qualcosa che deve venir sorpassato. Vivete così la vostra vita d’obbedienza e di guerra! Che importa vivere a lungo? Quale guerriero vuol essere risparmiato? Io non vi risparmio, io vi amo profondamente, miei fratelli di guerra!

La vita è ancora aperta per le grandi anime. In verità chi poco possiede è anche meno posseduto:

In verità chi poco possiede è anche meno posseduto:

Fuggi, amico, nella tua solitudine, dove spira un vento rude e impetuoso!

privilegio dell’animale è l’innocenza. Vi consiglio io forse la morte dei sensi? Vi consiglio l’innocenza dei sensi. Vi consiglio la castità? La castità è in alcuni virtù, ma per molti poco meno d’un vizio. Questi son continenti, è vero; ma la cagna sensualità si manifesta in tutto ciò che fanno.

non pochi di coloro che volevano cacciare il diavolo, condussero sé stessi fra i porci.

Ridono pure della castità e chiedono: «che cos’è la castità?» La castità non è forse follia? Ma questa follia giunse a noi, non noi la cercammo. Noi abbiamo offerto a quest’ospite un asilo ed il cuore: ora dimora egli in noi – possa restarci fino a che vuole!

Nell’indovinare e tacere, l’amico dev’esser maestro; non devi voler vedere tutto.

Una divinazione sia la tua pietà: perché tu subito sappia se il tuo amico vuol compassione. Forse egli ama in te l’occhio fiero e lo sguardo dell’eternità. La tua compassione per l’amico si celi sotto una ruvida scorza, intorno alla quale devi logorare i tuoi denti. Essa avrà così soavità e dolcezza. Sei tu l’aria pura, la solitudine, il pane e la medicina, per il tuo amico? Taluno è incapace di spezzare le proprie catene, eppure giunge a redimer l’amico.

Fu l’uomo ad assegnare un valore alle cose, il senso umano! Perciò si chiama egli «uomo», cioè colui che valuta. Valutare è creare: uditemi, o voi creatori! Il valutare è per sé steso il tesoro e la gioia di tutte le cose valutate. Mercè la valutazione esiste il valore: e senza la valutazione il nocciolo dell’esistenza sarebbe vuoto. Ascoltate, o creatori! Mutabilità di valori – è mutabilità di chi crea. Sempre distrugge chi vuole creare.

Mille mète vi furono sino ad oggi, perché vi furono mille popoli. Non manca più che il laccio per i mille colli, manca l’unica mèta. L’umanità non ha ancora una mèta. Ma ditemi dunque, o fratelli: se a l’umanità manca ancora la mèta; non le manca pure sé stessa?

Fratelli miei, non vi consiglio l’amore del prossimo: amate quelli che son da voi più lontani.

Ti proclami libero? – Voglio tu mi dica i tuoi pensieri dominanti, non che sei sfuggito ad un giogo.

Libero di che cosa? Che importa ciò a Zarathustra? Ma l’occhio tuo deve annunciare sereno: libero per che cosa? Sei tu capace di distribuire a te stesso il bene ed il male, e di porre la tua volontà su di te come tua legge? Saprai essere il giudice e il vendicatore della tua legge? È terribile star soli col giudice e il vindice della propria legge. Così vien lanciata la stella nello spazio deserto e nel gelido soffio della solitudine.

se vuoi essere un astro, non puoi far sì che tu non splenda anche per loro!

O solitario, tu segui il cammino che conduce a te stesso, e oltre te stesso ai tuoi sette demoni! Apparirai a te stesso un eretico e una strega, e un negromante e un folle e uno scettico, e un sacrilego e un malvagio. Tu devi volerti bruciare nella tua propria fiamma: come vorresti rinnovarti senza esserti prima ridotto in cenere! Solitario, tu cammini su la via del creatore: tu vuoi creare a te stesso un Dio dai tuoi sette demoni! Solitario, tu percorri la via dell’amante: ami te stesso e perciò ti disprezzi come può solo disprezzare chi ama. L’amante vuol creare, perché disprezza! Che sa dell’amore quegli che non è stato capace di odiare ciò che amava? Va nella tua solitudine, o fratello, con il tuo amore e la tua creazione; e più tardi la giustizia ti seguirà zoppicando.

Ma sia questo il vostro onore: amar sempre più di quanto vi si ama

Come potrei dare ad ognuno il suo? Questo mi basti: a ognuno dò il mio.

Trovatemi dunque la giustizia che assolve tutti, salvo chi giudica!

Voi dovete amare al disopra di voi! Soltanto così imparate ad amare! E dovete bere perciò il calice amaro del vostro amore.

una virtù che dona è la virtù sublime.

Simboli sono tutti i nomi di bene e di male; essi non esprimono, accennano solo. Folle chi da loro vuol conoscenza.

Medico, cura te stesso: gioverai in tal modo anche al tuo ammalato. Sarà il suo migliore soccorso, vedere coi propri occhi ch’egli sa guarire sé stesso.

sarete un popolo, un giorno: da voi vi sceglieste, e da voi sorgerà un popolo scelto: e da questo il superuomo.

Rimerita male un maestro chi resta suo discepolo, sempre. E perché non vorreste voi strappare la mia corona? Mi siete devoti; ma che cosa accadrebbe se crollasse un giorno la vostra venerazione? Badate, a che non v’uccida una statua!

fedeli del mondo! Voi non v’eravate ancora cercati: allora mi trovaste.

Voi non v’eravate ancora cercati: allora mi trovaste. Così fanno tutti i credenti: perciò le credenze hanno scarso valore. Ora vi chiedo di obliarmi e di cercar voi; e soltanto allorchè tutti m’avrete rinnegato, io tornerò fra di voi. In verità, miei fratelli, con altri occhi cercherò allora quelli che ho smarrito; vi amerò d’altro amore. E un giorno ancora voi sarete i miei amici e i figli di una sola speranza; allora sarò fra di voi, la terza volta, per celebrare con voi il grande meriggio. E sarà il grande meriggio, quando l’uomo si troverà a mezza strada tra il bruto e il superuomo, e celebrerà il suo tramonto come la sua più grande speranza: giacché questa via conduce a un’aurora novella. Il perituro benedirà allora sé stesso, perché è uno che sa passar oltre; e il sole della sua conoscenza sarà nel suo meriggio. «Tutti gli dèi sono morti: noi ora vogliamo che viva il superuomo» – questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima volontà!

Questa è veramente la più difficile cosa: chiudere per amore la mano aperta,

Dovete cessar d’obbedire alla vostra immaginazione! E ciò che chiamaste mondo, dev’essere solo creato da voi: esso deve divenire la vostra ragione, la vostra immaginazione, la vostra volontà, l’amor vostro! E sia per la vostra felicità, di voi che cercate la conoscenza.

Anche nel conoscere sento solo la gioia della mia volontà che genera e del mio divenire; l’innocenza nella mia conoscenza è perché essa possiede volontà di generare

non contro colui che avversiamo siamo più ingiusti, ma contro colui che ci è indifferente. Se hai però un amico che soffre, sii per i suoi dolori un asilo, ma un letto duro, un letto da campo: così gli gioverai maggiormente.

«ti perdono ciò che mi facesti; ma che tu l’abbia fatto a te, – come potrei perdonare?»

E non seppero amar meglio il loro Dio, che crocifiggendo l’uomo!

Vai amate la vostra virtù, come la madre il bambino; ma quando mai s’è sentito che una madre voglia esser pagata del suo amore?

venne perché voi, miei amici, vi stanchiate delle vecchie parole che avete imparato dai mentitori e dai folli.

Nell’azione il vostro io si riveli come la madre nel figlio: sia questa la vostra parola di virtù!

«badate a non sputar contro vento!»

Ciò che tacque il padre s’esprime nella parola del figlio; e spesso trovai il figlio quale rivelato segreto del padre.

Che nella stessa bellezza sia lotta, e ineguaglianza, e lotta per la potenza e per la superiorità: questo egli c’insegna con la più chiara similitudine.

solo dove sono i sepolcri è possibile la resurrezione.

Volete rendere imaginabile tutto ciò che esiste giacché voi dubitate, con giusta diffidenza, che tutto sia imaginabile. Ma ciò che esiste deve sottomettersi e piegarsi a voi!

l’occhio suo mi parlò.

dovunque trovai viventi, sentii parlar d’obbedienza. Tutto ciò che vive obbedisce. Ed ecco il secondo punto: si comanda a colui che non sa obbedire a sé stesso. Tale è il costume di ogni cosa vivente.

quando comanda a sé stesso, deve sopportarne la pena. Egli dev’essere giudice e vindice e vittima della sua legge. Come può ciò avvenire? chiesi a me stesso. Che cosa può indurre il vivente ad obbedire, a comandare, e ad obbedire pur comandando?

E chi deve essere un creatore nel bene e nel male: in verità deve essere prima di tutto un distruttore di valori. Così è necessario il male supremo alla suprema bontà: la bontà creatrice. Parliamone pure, o saggi tra i saggi, anche se è cosa dura il parlarne. È più triste il tacerne; tutte le verità taciute divengono velenose. E possa infrangersi ciò che può frangersi nelle nostre volontà! C’è ancora molto da costruire!

Solo quando si sarà allontanato da sé stesso egli potrà saltare oltre la propria ombra! – dentro il suo sole.

«Esser felice nel contemplare, con volontà annientata, senza rapacità o invidia egoistica – freddo e grigio come cenere in tutto il corpo, ma con occhi ebbri di luna!

amare la terra come l’ama la luna, e non toccar che con lo sguardo la sua bellezza. «E io chiamo immacolata questa percezione di tutte le cose, non domandare altro alle cose: che distendersi davanti ad esse come uno specchio con cento occhi».

Amare e perire: cose che s’accordano dall’eternità. Volontà d’amare: significa volontà di morire.

Chi non ha fede in sé stesso, mente sempre.

«Dacchè giunsi a conoscere meglio il corpo, – disse Zarathustra ad uno dei suoi discepoli – lo spirito non è più per me che spirito per similitudine; ed anche tutto l’«imperituro» non è che una metafora».

Noi sappiamo anche troppo poco ed impariamo male: così siamo costretti a mentire.

Non è intorno a chi inventa strepito nuovo: ma intorno a chi inventa nuovi valori, che silenziosamente gira il mondo.

Così passò, lentamente, il tempo, se pur esisteva ancora il tempo: che ne so io? Ma accadde infine ciò che mi destò. Tre volte fu battuto alla porta, e i colpi parevano tuoni, tre volte ne rimbombarono cupe le volte: allora andai alla porta.

in colui che vuole, v’è sempre il dolore di non poter volere sul passato

Questa, questa è la mia china e il mio pericolo, che il mio sguardo si volga alla sommità mentre la mia mano vorrebbe sostenersi – nell’abisso!

E la vera virtù è quella che ignora sé stessa;

«Ma è proprio la mia parola? Chi son io? Io attendo uno più degno di me; io non son degno d’essere infranto da quella parola».

La rugiada cade sull’erba quando la notte è più silenziosa».

Tu sei uno che disimparò ad obbedire:

Operare egregie cose è difficile: ma è più difficile il comandarle.

tu devi camminare come l’ombra di ciò che deve giungere:

mi si fece intorno silenzio, quasi un doppio silenzio.

alla fine non si vive più di quanto è in noi.

«Adesso soltanto tu cammini su la via della tua grandezza! Sommità ed abisso – si racchiudono adesso in uno! Tu segui la via della tua grandezza: ora divenne l’ultimo tuo rifugio, ciò che fu sinora il tuo estremo pericolo! Tu segui la via della tua grandezza: sia ora il tuo miglior coraggio il non aver altra via dietro di te!

volevi penetrare nelle ragioni intime e nascoste: perciò sei costretto a salir su te stesso – in alto, più in alto, fin tanto che avrai le tue stelle sotto di te!

Non devono forse tutte le cose che possono correre, aver percorso una volta questo sentiero? Tutto ciò che può arrivare, non deve esser già arrivato, compiuto, passato?

Da questo portico un sentiero eterno corre a ritroso: dietro a noi c’è un’eternità. Non devono forse tutte le cose che possono correre, aver percorso una volta questo sentiero? Tutto ciò che può arrivare, non deve esser già arrivato, compiuto, passato?

non sono collegate fra di esse, le cose, in tal modo che questo momento tragga dietro a sé tutte le cose venture? E per conseguenza anche sé stesso? Giacché tutto ciò che delle cose può correre, anche fuori di questo lungo sentiero – deve correre ancora una volta!

Desiderare – è per me già aver perduto me stesso. Io ho voi, miei fanciulli! In questo possesso tutto deve essere certezza, non desiderio.

«Per caso» – ecco la più antica nobiltà del mondo che io ho resa a tutte le cose, liberandole dalla servitù di uno scopo. Questa libertà e serenità celeste, io misi, come un’azzurra campana sopra tutte le cose, quando insegnai che sopra di esse, e per esse, nessuna «eterna volontà» vuole.

«fate sempre ciò che volete, ma siate, prima di tutto, capaci di volere!». «Amate sempre il prossimo vostro come voi stessi – ma siate prima di tutto di quelli che aman sé stessi –

Imparai forse da lui il lungo, luminoso silenzio? o l’imparò egli da me? Oppure ognuno di noi da sé lo inventò?

Cosa buona e insolente è pure il lungo silenzio; e simile al cielo invernale guardare, calmo il volto, limpido l’occhio – come lui nascondere il proprio sole e la propria inflessibile volontà di sole; in verità imparai bene quest’arte e questa malizia dell’inverno!

«Non è questo appunto la divinità, che esistan gli dèi ma non esista alcun Dio?»

Il tempo passa infatti men rapido nell’oscurità che nella luce.

un’eterna fuga di sé e un’eterna ricerca di sé presso dèi numerosi, come una felice contraddizione di sé, una ripetizione e un ritorno verso sé stessi di molti dèi: – Ove tutto il tempo mi sembrava un felice scherno di istanti, ove la necessità era la stessa libertà, che giocava beata con il pungiglione della libertà: –

Supera te stesso anche nel prossimo tuo: non devi lasciarti dare un diritto che tu puoi conquistare! Ciò che tu fai, nessuno può fartelo di nuovo. Vedi, non v’e ricompensa.

colui che obbedisce non ode sé stesso.

«Questa è precisamente la divinità, che ci siano molti dèi, ma nessun Dio».

ciò che ha il suo prezzo ha poco valore.

La vostra volontà e il vostro passo che vuol sorpassare voi stessi, – sia questo il vostro nuovo onore!

lo stesso migliore è qualcosa che dev’essere superata!

la volontà libera: giacché la volontà è creatrice; è questo che insegno. E non è che per creare che dovete imparare! E da me soltanto dovete imparare, imparare a bene imparare! – Ascolti chi ha orecchie!

Giacché i buoni – non possono creare: essi sono sempre il principio della fine: – – essi crocifiggono colui che scrive nuovi valori su tavole nuove, sacrificano l’avvenire per sé medesimi, – crocifiggono tutto l’avvenire degli uomini! I buoni – furono sempre il principio della fine.

Alzati, pensiero vertiginoso, sorgi dal mio profondo! Io sono il tuo canto del gallo e l’alba tua mattutina, verme addormentato: alzati! La voce mia deve ben svegliarti! Spezza i lacci delle tue orecchie: ascolta! Giacché io voglio che tu parli! Alzati! V’è qui abbastanza tuono perché imparino ad ascoltare anche i sepolcri! Sfrega gli occhi tuoi a fin di scacciare il sonno, la miopia, l’accecamento. Ascolta me pure con gli occhi tuoi: la voce mia è un rimedio anche per i ciechi nati. E quando ti sarai destato una volta, rimarrai desto per sempre. Non è mia abitudine, destare dal sonno avi antichi per dir loro di riaddormentarsi!…

Non sono le parole ed i suoni arcobaleni e ponti illusori fra esseri separati per sempre? A ogni anima appartiene un altro mondo, per ogni anima ogni altra anima è un mondo dell’al di là.

Per me – come vi sarebbe qualcosa fuori di me? Non v’è nulla di estraneo a me! Ma tutti i suoni me lo fanno dimenticare; come è dolce poterlo dimenticare! Non furono dati alle cose nomi e suoni perché l’uomo ne riceva conforto? – È dolce follia il linguaggio: parlando l’uomo danza su tutte le cose. Come è dolce ogni parola, come sono dolci tutte le menzogne dei suoni! I suoni fanno danzare il nostro amore sopra variopinti arcobaleni». «O Zarathustra – dissero allora gli animali – per quelli che pensano come noi, sono le stesse cose che danzano: tutto viene e si tende la mano, e ride e fugge – e ritorna. Tutto va, tutto ritorna; la via dell’esistenza gira eternamente. Tutto muore, tutto fiorisce di nuovo, il ciclo dell’esistenza si persegue eternamente. Tutto si spezza, tutto si ricongiunge, eternamente si costruisce l’edifizio dell’esistenza. Tutto si separa, tutto si saluta di nuovo; l’anello dell’esistenza resta eternamente fedele a sé stesso. A ogni momento l’esistenza comincia; attorno a ogni «qui» si svolge la palla «là». Ovunque è il centro. Tortuoso è il sentiero dell’eternità».

L’ora adesso è venuta, nella quale chi sparisce benedice sé stesso.

O anima mia, tutto ti diedi, e le mie mani per te si vuotarono: – e ora! Ora mi dici sorridendo, piena di malinconia: «Chi di noi due deve dir grazie? – – non è forse il donatore che deve ringraziare chi accettò d’aver preso? Non è un bisogno donare? Non è pietà prendere?».

averti detto di cantare: ecco fu questo il mio ultimo dono!

Ahimè, dove si fecero sulla terra maggiori follie che tra i misericordiosi? E che cosa recò tanto danno al mondo quanto la follia dei misericordiosi? Guai a tutti coloro che amano e non sanno elevarsi al di sopra della loro compassione! Così mi disse un giorno il demonio: «Anche Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini». E di recente l’intesi dire queste parole: «Dio è morto; per la sua compassione degli uomini, Dio è morto».

«Diventa chi sei!»

nè impaziente nè paziente, ma piuttosto come uno che abbia disimparato la pazienza, – giacché più non patisce. Il mio destino, mi concede infatti del tempo: m’avrebbe forse dimenticato? Oppure siede dietro un masso, all’ombra, e acchiappa le mosche? E, in verità, son riconoscente al mio eterno destino di non incalzarmi e di concedermi tempo per pazzie e malizie, di modo che oggi ascesi questa alta montagna per pescare. Pescò mai alcun uomo su l’alto dei monti? E quand’anche ciò che voglio quassù sia follia: val meglio questo che divenire solenne per l’attesa, laggiù, e verde e giallo – – impazzito di collera per l’attendere, come una santa tempesta che giunge urlando dai monti, come un impaziente che grida alle valli: «Ascoltate, oppure vi batto con le verghe di Dio!» Non che io sia avverso a tali uomini irritati: li stimo abbastanza per rider di loro.

Chiamami sempre come vorrai – io sono colui che debbo essere. Io stesso mi chiamo Zarathustra.

Voglio tritare a lungo le loro parole come dolci granelli; il mio dente li macinerà e li ridurrà in polvere, finchè non mi coleranno come latte nell’anima!».

E il non voler soccorrere può essere cosa più nobile che non la virtù pronta sempre all’aiuto.

impara soltanto quegli che agisce. Comincia a parlare con i miei animali! L’animale più fiero, e l’animale più accorto – siano per noi due i veri consiglieri!».

Quando il diavolo muta la pelle non cambia forse insieme anche il nome? Giacché è pelle anche il nome. Il diavolo stesso, forse è pelle.

Non è piccolo il tuo pericolo, spirito libero e viaggiante! Avesti una cattiva giornata: bada che non la segua sera anche peggiore!

di poca cosa è formata la miglior felicità. Silenzio.

Ha coraggio colui che conosce la paura, ma sa vincerla, colui che vede l’abisso, ma con fierezza. Colui che vede l’abisso, ma con occhi d’aquila, – colui che s’aggrappa a l’abisso con l’artiglio d’aquila: questi ha coraggio.

Per me voi non soffrite abbastanza. Giacché voi soffriste in quanto individui, non in quanto umanità.

Alcuni si vantano di non mentire: ma l’incapacità di mentire non è ancora amore della verità. Fate attenzione!

Se volete ascendere, servitevi delle vostre gambe!

Nella solitudine si rinforza ogni cosa, anche la bestia interiore. Bisogna perciò dissuadere molti dalla solitudine.

Quanto più è elevata la specie, è più difficile che la cosa riesca. Voi, uomini superiori, che siete qui, non foste tutti – riusciti male? Ma che importa? Su, coraggio! Quante cose sono ancora possibili! Imparate a ridere di voi stessi come bisogna! Che v’è di strano che voi non siate riusciti, che voi siate riusciti a metà, voi che siete semi-spezzati! Non s’agita forse in voi e non si dibatte – l’avvenire dell’uomo? Ciò che l’uomo ha di più lontano, di più profondo, la sua altitudine eccelsa, l’immensa sua forza, non ribolle forse tutto ciò nella vostra pentola? Gran meraviglia che si rompa più d’una pentola! Imparate a rider di voi come bisogna! Oh, uomini superiori, quante cose sono ancora possibili! E in verità quante cose già riuscirono!

La perfezione insegna a sperare.

Quale fu sinora in terra il maggiore peccato? Non forse la parola di quegli che disse: «Guai a coloro che ridon quaggiù!». Non trovava egli argomenti di riso sulla terra? Se fu così, egli cercò male. Perfino un bambino ne trova. Costui – non amava abbastanza: altrimenti avrebbe amato anche noi che ridiamo! Ma ci odiava e ci dileggiava, riserbandoci grida di dolore, e stridore di denti. Bisogna dunque subito maledire, quando non si ama? Questo – mi par di cattivo gusto. Ma così fece l’intollerante. Egli era sobillato dalla plebe. Ed egli stesso non amava abbastanza: altrimenti si sarebbe irritato di meno che non l’amassero. Ogni

E sebbene vi siano sulla terra paludi e gran tristezza: colui che ha il piede leggero, corre e danza anche sul fango, come su lucido ghiaccio. Inalzate i vostri cuori,

benedetto sia questo spirito di tutti i liberi spiriti, tempesta ridente che soffia la polvere negli occhi di tutti coloro che vedono nero, che vedono male!

O uomini superiori, ciò che di peggio è in voi – è che non imparaste a danzare come bisogna danzare – a danzare al di là di voi stessi! Che importa non siate riusciti? Quante cose sono ancora possibili! Imparate dunque a ridere di voi. Inalzate i cuori, o danzatori leggeri, in alto, sempre più in alto! E non dimenticate il buon ridere! Questa corona di risa, questa corona di rose, a voi, o miei fratelli, getto questa corona! Santificai il riso; voi, uomini superiori, imparate dunque a ridere!

dopo le buone canzoni bisogna rimanere a lungo silenziosi.

Il tuo regno è al di là del bene e del male. La tua innocenza è appunto non sapere ciò ch’è l’innocenza.

presso gli dèi la morte non è che un pregiudizio».

«È questo – la vita?» dirò alla morte. «Ebbene! ancora una volta».

il dolore è anche una gioia, la maledizione è anche una benedizione, la notte è anche sole – allontanatevi se no imparerete: che un savio è pure folle. Consentiste mai alla gioia? Oh, amici, consentiste allora a tutte le pene. Tutte le cose sono concatenate insieme, congiunte dall’amore, – – voleste mai che una volta venisse due volte, diceste mai «tu mi piaci, gioia! momento, istante!» voleste allora che tutto tornasse!

voi eterni, e l’amate in eterno e per sempre: e voi dite pure al dolore: passa, ma torna di nuovo: giacché ogni gioia vuole l’Eternità!

Superare in noi stessi il passato: combinare di nuovo gli istinti e indirizzarli tutti insieme a un unico scopo: – molto difficile! Non soltanto i cattivi istinti bisogna vincere – ma pur superare quelli che si chiamano i buoni istinti e consacrarli di nuovo!

L’uomo rende preziosa un’azione: ma come potrebbe un’azione render prezioso l’uomo?

«Ama il tuo prossimo» – ciò vuol dire anzitutto: «non occuparti del tuo prossimo!» – Ed è precisamente questo l’atto della virtù che è più difficile!

Ogni virtù ed ogni vittoria sopra sé stesso non ha senso che come preparazione a colui che domina.

Per poter creare occorre che noi diamo a noi stessi una maggior libertà, una libertà più grande di quella che ci fu sempre accordata;

L’umanità deve porre il suo scopo al di là di sé stessa

Questa è la volontà di ogni libertà. Nello scopo risiede l’amore, la venerazione, la visione di ciò che è perfetto, il desiderio.

L’antipodo del superuomo è l’ultimo uomo: io li creai al medesimo tempo.

Quanto più l’individuo è libero e determinato, più l’amore suo è esigente: egli aspira infine al superuomo, perché tutto il resto non soddisfa il suo amore.

Appena si è raggiunta la padronanza in una condizione, si deve aspirare ad una nuova condizione.

Trasformare la morte quale mezzo di vittoria e di trionfo.

Aspettar la propria sete, e lasciarla diventar completa per scoprire la sua sorgente.

Trasformazione a traverso mille anime – sia questa la tua vita, sia questo il tuo destino! E, infine: volere ancora una volta questa serie completa.

Poter sopportare la nostra immortalità – questa sarebbe la cosa suprema.

I discepoli debbono riunire tre qualità: essere veridici, volere e potere comunicarsi, possedere eguale conoscenza.

«Non venire a me! Ma ti voglio condurre a quello là».

Il suo amore cresce nell’impossibilità di fare del bene per mezzo di questo amore.

Da uomini che pregano dobbiamo divenire uomini che benediscono!

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